Castelbuonesi nel Risorgimento
di Angelo Ciolino
di Angelo Ciolino
Pubblichiamo l’interessante studio “Castelbuonesi nel Risorgimento” del prof. Angelo Ciolino apparso sul numero di giugno 2022 della rivista Studi Storici Siciliani.
Come è noto, Castelbuono e i castelbuonesi diedero un contributo non disprezzabile al Risorgimento d’Italia. Se tanto è stato scritto sulla Rivoluzione del ’48, l’epopea garibaldina, il Proclama del Barone Guerrieri, il sergente Giovanni Galbo, fino alla Breccia di Porta Pia, dove la miccia sarebbe stata accesa dal concittadino Vincenzo Di Stefano, quasi niente si sa, invece, intorno ai castelbuonesi che parteciparono alle varie campagne militari per l’Unità d’Italia.
La ricerca di Angelo Ciolino, mentre ripercorre a grandi tappe le fasi salienti, che si snodano dal ‘48 al ’70 con i noti protagonisti del Risorgimento castelbuonese, si prefigge di dare un nome e un legame parentale a tutti i coinvolti, specialmente ai semplici soldati, ai dimenticati di ogni guerra, caduti o reduci che siano. Una encomiabile operazione di recupero della memoria, resa possibile grazie agli archivi online, come quelli della Società di Solferino e San Martino che hanno permesso di riportare alla soglia della memoria i cento castelbuonesi, caduti nell’oblio.
Questa memoria, almeno, non corre il rischio di essere dispersa come i cimeli raccolti nel centenario dell’impresa garibaldina, esposti al Castello per diversi anni e, infine, “misteriosamente” spariti.
Castelbuonesi nel Risorgimento (di Angelo Ciolino)
Lo scopo di questo lavoro non è quello celebrativo di una lunga pagina di Storia, ma di far conoscere i protagonisti documentati e i significativi eventi, molto spesso opera di pochi, che collocano la storia di un piccolo paese, Castelbuono, nell’alveo della Storia nazionale.
L’input per questo lavoro è stato il Progetto Torelli, l’archivio digitale dell’Associazione San Martino e Solferino, che ha come oggetto le tre Guerre d’indipendenza e Roma capitale, nell’arco temporale 1848-1870.
I moti del 1848-49 in Sicilia ebbero carattere autonomistico-liberale più che risorgimentale, ma videro la partecipazione all’insurrezione palermitana, dal 12 gennaio 1848, anche di alcuni volontari castelbuonesi, tra cui il medico Giuseppe Collotti (1822-1893, figlio di mastro Nicolò e Angela Di Vono, laureatosi nel 1847) e don Francesco Lombardo (n. 1817 da mastro Antonio e Antonia Cascio), e a Castelbuono la costituzione un Comitato provvisorio con a capo il barone Nicolò Turrisi Colonna (1817-89).
Nel 1852 fu creata anche a Castelbuono una sezione del Comitato Segreto del Novello Riscatto, che vide come protagonisti il barone Francesco Guerrieri Failla (1831-1900, figlio di don Antonio e donna Giuseppa Maria Failla da cui aveva ereditato il titolo baronale appartenente al nonno materno) e Giovanni Collotti Galbo (1836-1917, figlio del barone Vincenzo), nonché il medico Giuseppe Collotti, lo stesso che aveva partecipato ai moti palermitani del ’48 e vero tramite di collegamento tra i comitati del circondario e quelli di Palermo e dell’area etnea.
Anche gli eventi del 1856, con epicentro Cefalù, solo indirettamente coinvolgono i castelbuonesi, per l’amicizia del barone Guerrieri con Nicolò Botta e Salvatore Spinuzza e per il ruolo del castelbuonese Francesco Gambaro (n. 1810 da don Tommaso e donna Rosa Gambaro) capitano d’armi del distretto di Cefalù, accusato di essere «svogliato e languido… nella prosecuzione dei compromessi», ovvero nella caccia ai rivoltosi che, liberati dalle carceri di Cefalù, si erano rifugiati sui Nebrodi e le Madonie.
Nel 1860 al Guerrieri e ai Collotti, nel Comitato antiborbonico si aggiunsero i fratelli Levante di don Antonio (Tommaso, Mario e Giuseppe) e altri. Il Comitato raccolse armi e munizioni per gli insorti palermitani del 4 aprile e il 18 aprile 1860, sulla chiesa-ospedale di S. Antonio, in quella che fu chiamata piazza del Popolo, assieme al tricolore fu affisso un proclama patriottico redatto dal barone Guerrieri. Il 12 maggio, all’indomani dello sbarco dei Mille a Marsala, fu il priore del Convento di Sant’Antonino, padre Giuseppe Raimondi, ad esporre il tricolore sul campanile e far suonare le campane. Fu poi il poeta giurisperito Nicasio Mogavero (1821-1887) a raccontare, nel suo poemetto sulla vittoria garibaldina di Calatafimi, gli echi del tumulto. Appartiene alla tradizione il ferimento di Vincenzo Porcelli nella battaglia di Calatafimi, mentre al proclama del medico Giuseppe Collotti, che invitava ad arruolarsi nelle truppe garibaldine, aderirono diversi giovani che, guidati da don Francesco Lombardo, parteciparono alla conquista di Palermo e rimasero al seguito di Garibaldi sino al Volturno, dove si distinsero Domenico Atanasio, Giovanni Galbo e il dott. Giuseppe Collotti, che era stato nominato primo chirurgo.
Prima di passare all’esame del registro dell’Associazione San Martino e Solferino, che relativamente alla campagna 1860-61, elenca solo quattro soldati (con l’ufficiale medico Giuseppe Collotti i soldati Guarneri [Guarnieri] Vincenzo, Li Pira Antonio [Antonino] e Zacconi [Sacconi] Giuseppe) è opportuno ricordare che sono ben 22 i garibaldini elencati nella lapide posta, in occasione del centenario dell’impresa dei Mille, nel luogo dove sorgeva la Chiesa di s. Antonio. L’elenco comprende due ufficiali, due sottufficiali e 18 soldati. La difformità tra le due fonti si spiega per il contrasto tra l’esercito regolare e le truppe garibaldine, considerate irregolari se non illegittime. In ogni caso il patriottismo di Castelbuono fu particolarmente apprezzato: «a Palermo circolano dei fogli che parlano del meritato encomio che si deve a Castelbuono – scrisse al Guerrieri il patriota cefaludese Alessandro Guarnieri – per essersi comportata pari ad uno dei bei paesi dell’Italia civile, presto all’appello della libertà».
Attraverso il barone Guerrieri, Castelbuono ebbe diretta corrispondenza con Garibaldi, che richiedeva di «procurargli fucili necessari all’impresa».
Primo sindaco dell’Italia unita, per il triennio 1861-63, fu l’avvocato Giovanni Collotti Galbo, noto cospiratore già dal 1852 e già luogotenente della locale Guardia Nazionale, che facilitò l’opera di reclutamento di volontari da parte di Ludovico Perroni Paladini, pagando con la destituzione e la sostituzione il suo appoggio alla causa. Al Guerrieri, poi, l’impegno nella raccolta di armi e denaro per Garibaldi costò persecuzioni, processi e nel 1865 anche un mandato di arresto per «attentato avente per oggetto di suscitare la guerra civile fra gli abitanti dello Stato, distruggere l’attuale forma di governo, eccitare i cittadini ad armarsi contro i poteri dello Stato», dal quale si salvò con la fuga e poi con l’appoggio del barone Nicolò Turrisi Colonna e dello stesso Perroni Paladini.
Quanto poi al medico Giuseppe Collotti è triste ricordare che, colto da subitaneo malore nella scalinata di sant’Antonino, il 31 dicembre 1893, «venne orribilmente divorato da cani girovaghi».
Diversa è la situazione della campagna del 1866 (terza guerra d’indipendenza). Intanto era stato esteso all’intero territorio nazionale il servizio di leva e la coscrizione obbligatoria, sconosciuti e avversati nel Meridione, tanto da produrre varie forme di renitenza, comprese forme di banditismo. Non fu certamente facile costruire un esercito italiano, nelle condizioni di diversificazione territoriale e socio economica in cui versava il nuovo Stato nazionale.
D’altra parte la deludente conclusione della campagna 1859-1860 (seconda guerra d’indipendenza), con il Trattato di Villafranca e la forzata rinuncia di Garibaldi, fermato dall’esercito italiano sull’Aspromonte (29 agosto 1862), a raggiungere Roma, lasciavano aperte le due questioni: Veneto e Roma capitale.
La campagna del 1866 fu il frutto di una politica militare ed estera alquanto improvvisata e condizionata dall’influenza francese e dal crescente peso dell’impero prussiano. L’Italia l’8 aprile 1866 stipulò un’alleanza con la Prussia in funzione antiaustriaca, con il beneplacito della Francia. L’esercito messo in campo dall’Italia fu di 250mila soldati (garibaldini compresi), ma per citare lo storico Pasquale Villari: «Non il quadrilatero di Mantova e Verona ha arrestato il nostro cammino, ma il quadrilatero di 17 milioni di analfabeti e 5 milioni di Arcadi». Nella realtà la Terza guerra di indipendenza vide le forze italiane sconfitte, per terra (Custoza 24 giugno) e per mare (Lissa 20 luglio), e fermate, quelle vittoriose garibaldine (Bezzecca 21 luglio). L’Italia ottenne il Veneto, con l’umiliazione della cessione indiretta dall’Austria alla Francia e poi all’Italia, e solo grazie alle vittorie della Prussia sull’Austria. Ma tra quelle colline moreniche del veronese e del mantovano, lungo le sponde del Mincio, ben 89 castelbuonesi combatterono e qualcuno meritò menzione e medaglia.
Ultima tappa nel 1870 l’ingresso a Roma, anche questo legato alle vicende della politica francese: dopo la sconfitta di Sedan ad opera dei Prussiani, l’abbandono dei francesi della difesa dello Stato pontificio, che aveva respinto ogni proposta di soluzione pacifica, convinsero l’Italia all’azione militare che trovò la sua conclusione nella Breccia di Porta Pia (20 settembre 1870), cui partecipò Vincenzo Di Stefano e altri otto soldati castelbuonesi registrati per la campagna 1870.
In questo quadro a partire dal progetto Torelli che consente l’accesso, attraverso motore di ricerca, all’Archivio istituito presso la Società San Martino e Solferino, che custodisce l’elenco dei “soldati” che dal 1848 al 1870 hanno partecipato alle campagne militari per l’Unità d’Italia, è possibile conoscere i giovani castelbuonesi, un centinaio, chiamati a combattere nelle “Guerre d’indipendenza”. Ritengo che è bene, nella storia e nella memoria di Castelbuono, conservare il loro nome, così come potrebbe essere interessante per alcuni scoprire tra i propri antenati questi combattenti.
La ricerca consiste nell’estrapolare dall’Archivio l’elenco alfabetico dei partecipanti, con il corpo di appartenenza, il grado militare ricoperto, la o le campagne a cui i soldati hanno partecipato, mediante la consultazione telematica di ciascun attestato della Società San Martino e Solferino, che sono scaricabili e stampabili.
A ciò è seguito il riscontro con documenti locali per verificare la reale appartenenza alla comunità di Castelbuono. Questo lavoro, alquanto più complesso, si è fatto attraverso la consultazione dei Registri dei Battesimi della Matrice di Castelbuono (R.B.M.C.), l’anagrafe comunale era di là da venire, i cui file fotografici mi sono stati forniti da O. Cancila. Da rilevare che i cognomi di alcuni soldati risultano storpiati e variati, rispetto a quelli di battesimo e dei genitori; l’indice dei registri di battesimo è formulato per nomi e non per cognomi, in grafia non sempre leggibile e, a volte, con discordanze con quanto riportato negli atti; gli atti di battesimo, redatti in latino, sono composti dal nome del battezzato, indicato come “filius”, seguito da nome e cognome del padre e della madre al genitivo; nome del sacerdote che, spesso con delega dell’arciprete, impartisce il battesimo; nome del padrino o madrina. Questo paziente riscontro non è stato privo di interesse e anche di scoperte. Nei casi in cui non si è trovato riscontro nei registri dei battesimi, alcune notizie mi sono state fornite da O. Cancila.
L’elenco del Progetto Torelli è composto, per il Comune di Castelbuono in provincia di Palermo, di 100 soldati in ordine alfabetico. La prima notazione è quella che alcuni cognomi, pochi, non sono presenti nella onomastica castelbuonese, e quindi si tratta di cittadini provenienti da altri comuni. La seconda è che diversi cognomi risultano modificati rispetto a quelli dei registri di battesimo, ad esempio Ippolito al posto di D’Ippolito, Moraguglia al posto di Marguglio, Porpora al posto di Purpura. Alcuni cognomi a distanza di 150 anni non sono più presenti nel nostro paese: Almirante, Cannino, Gazzè, Molinari, Marchisotto, Pangi, Saccone, Cuvello, Moschetto (gli ultimi due erano presenti sino agli anni cinquanta del novecento). Attraverso il nesso di paternità in diversi casi è facile rilevare la trasmissione dei nomi attraverso le generazioni. Di alcuni soggetti nei registri viene indicato anche il soprannome (es. Nigrì) o la provenienza (ex Petralie, a Panormo).
Entrando nel merito:
- Solo quattro furono i partecipanti alla campagna del 1860 o guerra garibaldina, registrati dall’Associazione San Martino e Solferino, ossia il medico Giuseppe Collotti, figlio di mastro Nicolò, che aveva già partecipato anche ai moti palermitani del 1848 e ai comitati successivi, e i soldati Guarneri [Guarnieri] Vincenzo, Li Pira Antonio e Zacconi [Sacconi] Giuseppe.
- Ottantanove furono i partecipanti alla campagna del 1866 (Terza guerra d’indipendenza o Prima guerra del regno d’Italia).
- Nove coloro i quali parteciparono alla campagna del 1870, ovvero la campagna per Roma capitale e tra essi il celebrato Vincenzo Di Stefano, tra i soldati della Breccia di Porta Pia.
- Quattro i soldati che parteciparono a due campagne: Li Pira Antonio (1860, 1866), Cicero Gioacchino (1866, 1870), Madonna [Madonia] Mariano (1866, 1870), Minutella Luigi (1866, 1870).
- Per quanto attiene il grado ben 89/100 sono Soldati. Tra i graduati abbiamo: un medico di battaglione, Collotti Giuseppe; un sergente, Almirante Pietro; cinque caporali, Biundo Natale (tromba), Gennaro Vincenzo (trombetta), Guarcello Paolo, Marchesotto Giuseppe e Minà Giuseppe; un appuntato dei lancieri, Carollo Vincenzo; un carabiniere, Cannino Vincenzo; due cannonieri, Castiglia Antonio di Sebastiano e Moraguglia [Marguglio] Giovanni. Uno degli 89 soldati, Fiasconaro Tommaso, ha meritato la menzione per la battaglia di Oliosi (VR) nella campagna del 1866, mentre di Moschetto Rosario, Giuseppe per Mogavero Fina, la famiglia, conserva la fascetta e medaglia commemorativa.
- Manca per la campagna del 1866 quello che, nella storiografia castelbuonese è considerato il vero artefice della partecipazione dei volontari alla terza guerra d’indipendenza, in particolare nelle fila di Garibaldi che attacca gli Austriaci a Rocca d’Ampola e Bezzecca: il giovane ufficiale cav. Giuseppe Levante (n. 1842 da don Antonio e donna Gaetana Sabatino), «alla testa – secondo Mogavero Fina – di circa 50 volontari castelbuonesi».
Nel registro dei Battesimi è interessante notare che tra i genitori sedici vengono introdotti con il titolo di magister, maestro o mastro: Vincenzo Bruno, Nicolò Collotti, Antonio Conoscenti, Vincenzo Conoscenti, Giuseppe Cardella, Gioacchino Di Vuono, Antonio Gambaro, Antonio Lupo, Giacomo Marchisotto (con moglie Donna Rosa D’Angelo), Giuseppe Minà, Andrea Molinari, Natale Di Noto, Giuseppe Piraino, Damiano Pupillo, Vincenzo Raimondo, Vincenzo Targia. Pasquale Almirante padre di Pietro, ha il titolo di “don” e si trova a Castelbuono nel 1841, con la sua compagnia di giro, nel teatro ai piedi del castello.
Ho ritenuto opportuno riportare anche padrini e madrine perché, non sempre scelti tra i familiari, sono significativi sul piano sociale: ben sette sono i padrini appartenenti al clero; la madrina di Pietro Almirante è donna Gaetana Sabatino sposa di Antonio Levante e madre di Tommaso, Mario futuro deputato, Giuseppe ufficiale garibaldino a Bezzecca, Alessandro più volte sindaco. Padrino di Vincenzo Sferruzza è don Onofrio Pergola (noto organaro); infine una certa Maria Josepha Mancuso sembra essere una madrina di professione, ma forse era l’ostetrica, dal momento che sui cento nostri soldati ben otto se la ritrovano: Carollo Vincenzo, Fina Vincenzo, Guarcello Mariano, Li Pira Antonio, La Monica Nicolò, Purpura Giuseppe, Prisinzano Nicolò, Puccia Vincenzo.
Non resta quindi che consegnare alla storia di Castelbuono l’elenco dei cento soldati che secondo i documenti dell’Associazione San Martino e Solferino, hanno partecipato alle campagne delle “Guerre per l’indipendenza”, corredato, nel PDF allegato, per quasi tutti, dall’estratto dei registri di battesimo della Matrice di Castelbuono.
Il testo, completo di note e dell’appendice con i nomi dei castelbuonesi che hanno partecipato alle guerre risorgimentali, si può leggere e scaricare nel pdf qui sotto.
A.-Ciolino-Castelbuonesi-nel-Risorgimento-in-Studi-Storici-Siciliani-2022-n.-2