“Castelbuono esclusa da Città creative Unesco perché governata dalla sinistra?” L’analisi del prof. Genchi

È apparsa su una testata locale una intervista al sig. Cicero dove si frigna sulla esclusione di Castelbuono dall’Olimpo di Città creative dell’Unesco. Dal momento che il sig. Cicero in questa circostanza non ha potuto addebitare il colossale fallimento ai funzionari degli Uffici del Comune, né al cambiamento climatico, né a strane congiunzioni astrali né, tantomeno, si sarebbe sognato di riconoscere gli indiscutibili titoli di chi è risultato prescelto, il signor Cicero, sempre di più geniale, ha aguzzato l’ingegno tirando fuori la motivazione politica. In altri termini, Vico Equense, a suo modo di analizzare, avrebbe vinto non perché ha anche e non solo Antonino Cannavacciuolo (e noi, invece, no) ma esclusivamente per motivi politici, essendo l’unico paese, fra quelli in lizza, governato da una compagine politicamente allineata col governo nazionale.

Che è, ovviamente, una sciocchezza. Il signor Cicero, da tanti lustri ormai, si è convinto che il paese sia abitato da microcefali che lui può prendere tranquillamente per il culo, così come, da tempo, gli riesce con molti. Ma non con tutti, sfortunatamente per lui.

Allora, sulla scorta di queste ridicole giustificazioni e dell’implicita e arbitraria collocazione della sua compagine di governo a sinistra, non è non opportuno ricordare che il sig. Cicero non è Lenin e che i suoi assessori e consiglieri non sono quelli che sferrarono l’assalto al Palazzo d’Inverno. Più precisamente, lui – di persona personalmente – è uno che, a parte i giri di valzer non proprio ideologici, che hanno costellato la sua carriera politica, è salito sul palco con GB Meli, non esattamente un reduce della rivoluzione cubana, ma anche con candidati che comiziavano sotto le bandiere di Cuffaro e di Cateno De Luca. Ma anche fuori Castelbuono è stato un pasionario; ce li ricordiamo i comizi e gli appoggi a Ferrarello a Gangi e a Cortina a Scillato, solo per portare due esempi. Così come non si può dimenticare il suo flirt con il per fortuna ex Presidente della Regione Sicilia Musumeci, un sandinista della prima ora universalmente riconosciuto. Per quanto riguarda i suoi compagni di giunta e di consiglio, ma anche i supportersss, la geografia politica che determina la loro appartenenza allo scacchiere politico è stata più volte evidenziata e, come si sa, il più rivoluzionario si situa in area miccicheiana (figurarsi, quindi, gli altri!) eccezion fatta, si capisce, per il sinistro in purezza al cospetto del quale anche Pietro Secchia sembrerebbe un vile socialdemocratico.

Dunque, ammesso – ma non concesso – che il sig. Cicero sia l’ultimo avamposto della rivoluzione russa – o La Russa a seconda dei gusti e delle circostanze –  la kermesse in Senato del febbraio scorso a che cosa mirava di preciso? A far conoscere la testa di turco (con i diavolicchi, si capisce) all’affabile Gnazzio? O invece a qualcos’altro? E cosa avrebbe voluto sussurrare il sig. Cicero a La Russa con quelle reiterate telefonate ignorate dal destinatario? Che ne so? Voleva fargli i complimenti per il pizzetto? Per l’erotica gutturalità della voce? Ce lo dica, sig. Cicero, perché noi siamo cretini e non lo capiamo. Ma poi la cosa buffa è che lo spiffera pure, friscu na Pasqua, che ha telefonato più volte al presidente del Senato. Ma poi siamo certi che gli Equensi abbiano avuto bisogno di farsi ricevere in Senato dispensando melensaggini, moine e sorrisini accattivanti per superare la selezione? O, invece, più semplicemente i napoletani avevano più frecce al loro arco? Certo non avevano u pipiddu e l’ape maia. E non avevano la biodiversità e la dieta mediterranea che, come si sa, sono esclusive di Castelbuono. Come no!

Sig. Cicero, al di là delle sciaguratezze e dei florilegi che le usciranno di bocca nel corso del comizio del 2 luglio, dove le buone pratiche, il sistema paese, il paese reale, le frasi fatte, il km 0 (da avantieri km 1), la ricotta di basilisco senza basilisco, il bio e il food faranno a pugni con i tentativi goffi di riprendersi una credibilità in allontanamento, durante il comizio dicevo, ammetta di avere sperperato ancora una volta un Oceano Pacifico di soldi pubblici e si dimetta da sindaco, torni al suo orticello, liberando questo paese moribondo dalle metastasi che lo opprimono.

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