Cefalù, dottoressa sospesa perché non vaccinata, il giudice le dà ragione: “provvedimento illegittimo”
Il Tribunale di Termini Imerese ha condannato la Fondazione G.Giglio di Cefalù al pagamento delle retribuzione maturate a una lavoratrice che era stata sospesa a luglio senza stipendio per non essersi sottoposta al vaccino, obbligatorio per il personale sanitario.
La dottoressa, dipendente del Giglio, aveva rifiutato di sottoporsi alla vaccinazione per motivi di salute e per questo aveva anche chiesto, di essere spostata a mansioni diverse da quelle strettamente sanitarie.
La risposta della Fondazione Giglio di Cefalù presso cui lavora la professionista è stata però quella di sospenderla dal lavoro e senza retribuzione. Per questo la dottoressa, assistita dalla Funzione Pubblica dagli avvocati Pietro Vizzini e Katia Vella, ha impugnato il provvedimento di sospensione davanti al giudice del lavoro di Termini Imerese, con un ricorso d’urgenza.
Abbiamo assistito nelle scorse settimane – proseguono Cammuca e Mirabile – a una gara fra alcuni direttori generali di strutture sanitarie che, addirittura, hanno sospeso soggetti nei confronti dei quali non si applicava l’obbligo vaccinale, come esplicitamente previsto dal decreto legge 172/21. Ci riferiamo agli amministrativi dell’Asp Palermo”.
“La sentenza – commentano i due sindacalisti – rappresenta una pietra miliare nella corretta applicazione della norma. Il datore di lavoro, infatti, accertata l’appartenenza a una delle categorie soggette all’obbligo, avrebbe dovuto adibire il lavoratore a mansioni anche inferiori a quelle di appartenenza, che non implichino rischi di diffusione del contagio. E solo nell’impossibilità documentata e certificata di adottare tale misura, provvedere alla sospensione. Cosa che, nel caso specifico non ha fatto la Fondazione G.Giglio di Cefalù, ma non fanno neanche altre aziende”.
“Speriamo – concludono Cammuca e Mirabile – che la sentenza sia di monito per tutti quei ‘datori di lavoro’ che, difformemente dalla normativa vigente, hanno disposto sospensioni dal servizio. E che, in autotutela, modifichino le loro decisioni. Perché è indubbio che dover corrispondere uno stipendio senza aver svolto alcuna mansione, a causa di un provvedimento illegittimo, costituisce danno erariale. Chiederemo alla Corte dei Conti di condannare i diretti responsabili perché gli errori dei singoli non diventino costi per la collettività”.