Contributo eretico sul Giorno della Memoria
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(Di Francesco Di Garbo) – Sabato scorso mi accingevo a leggere la posta e aprendo la newsletter della Feltrinelli notavo la locandina di un’iniziativa che si sarebbe tenuta in Fondazione Feltrinelli domenica 19 alle ore 15:00. La cosa era molto allettante e mi ripromisi all’istante di partecipare. Il parterre era di notevole spessore intellettuale e politico con Stefano Levi Della Torre, Gad Lerner, Widad Tamami, Anna Momigliano, Valentina Pisanty e altri. Tutti ebrei critici rispetto alla posizione dominante che hanno formato il gruppo “Mai Indifferenti”. Essi sono in contrapposizione allo slogan “Mai Più” di cui la destra israeliana s’è appropriata e lo sventola come se fosse cosa loro. La destra israeliana ha messo in atto un revisionismo storico e linguistico sulla “memoria” dell’olocausto pretestuoso in cui pretendono decidere loro su tutto ciò che riguarda la memoria: si reputano i custodi della verità e nessuno deve contraddirli, nemmeno i loro stessi correligionari. In sostanza, Netanyhau e accoliti pretendono a priori di stabilire cos’è genocidio e cosa no. Questa concezione della verità per come viene spacciata in termini filosofici e politici si è imposta nello spirito e nei cuori dell’opinione pubblica occidentale. In effetti il Potere una sola cosa sa fare bene: contorcere la comunicazione per mascherare le nefandezze che compie.
Tra i relatori v’era dunque la Professoressa Valentina Pisanty Semiologa all’Università di Bergamo che basava il suo intervento sul suo libro appena uscito da Bompiani dal titolo: “Antisemita. Una parola in ostaggio”. Il contenuto del libro descritto dalla Prof.ssa Pisanty nel suo intervento mi incuriosì e all’uscita passai dalla libreria e lo comprai.
L’autrice dipana il groviglio che sul concetto di “antisemitismo” si è deliberatamente creato da parte della destra israeliana in combutta con tutte le altre destre mondiali. Smaschera la paradossale prosopopea dominante che ha ribaltato e mistificato il termine “antisemitismo” usandolo come un paravento nei confronti di tutti coloro che sono critici nei confronti del governo di Israele. Ripercorrendo la genesi storica e l’etimologia linguistica del termine è messo in evidenza che la parola “antisemita” è in ostaggio dei facinorosi guardiani della memoria che se ne sono appropriati indebitamente e si pongono come integerrimi custodi del Sacro Graal.
Già in un suo libro precedente “ I guardiani della Memoria e il ritorno delle destre xenofobe” del 2020, l’autrice aveva affrontato il tema di chi pretende e presume d’avere il copyright, cioè l’esclusiva autorità intellettuale di giudicare e dire cos’è e cosa non è la memoria, l’antisemitismo, il razzismo, il lager, l’olocausto etc. In pratica presumono di sentirsi i proprietari di tutto ciò che riguarda l’ebraismo e non: luoghi, simboli, cerimonie e linguaggio. Il linguaggio travisato, la comunicazione corrotta sono usate a vanvera dal Potere come armi improprie con cui chetare e sedare l’opinione pubblica; e avendo il coltello dalla parte del manico ci riescono. Purtroppo per loro, tuttavia e meno male, non riescono ad addomesticare, anestetizzare e mettere a tacere tutti proprio tutti; per fortuna rimane qualcuno, come “Mai Indifferenti” che denuncia, che squarcia il velo, che rompe e fa venire a galla la verità: seppur voce minoritaria però esiste e agisce.
Cosicché onde ragion per cui Netanyhau si proclama novello Dreyfus quando viene accusato di crimini di guerra contro l’umanità, sostiene che l’Onu è una palude antisemita e via dicendo. Insomma si assume il compito d’avere la verità in tasca e l’esclusiva delle chiavi interpretative per affermare che chi è antisionista è di concerto antisemita. In pratica lui, e la sua corte, hanno il copyright sulla parola ed essendone i tenutari ne sbandierano la semantica secondo le proprie convenienze politiche.
In base a ciò, paradossalmente, è andata a finire che coloro i quali erano i veri antisemiti, cioè la destra i fascisti super razzisti di formazione e cultura nazifascista sono diventati gli amici di Israele; mentre coloro che hanno sempre difeso gli ebrei condannato l’olocausto, combattuto il nazifascismo, denunciato la xenofobia e la giudeofobia, ora che accusano Israele di genocidio sono diventati i nemici di Israele. Ribaltata della frittata e il gioco è servito.
I governanti israeliani in forte sintonia con tutte le destre del mondo approfittano e godono libidine pura per questa fuorviante narrazione; tantoché hanno realizzato il capzioso tentativo di lavaggio (riuscito) del cervello dell’opinione pubblica.
In merito esemplare ed indicativa è stata la polemica tra la comunità ebraica e i Giovani Palestinesi in occasione del giorno della memoria dell’anno scorso. In quell’occasione i G.P. citavano Primo Levi quando asserisce: “Se comprendere è impossibile conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”. (“anche le nostre” riferito agli ebrei). Al che Noemi Di Segni Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane rispose: “Lasciate Primo Levi alla nostra memoria. Abbiate la dignità di manifestare il vostro pensiero senza offendere la memoria dei sopravvissuti e cercatevi citazioni altrove”. (Notizia Ansa del 23-01-24). Come se Primo Levi appartenesse solo agli ebrei anziché essere patrimonio dell’umanità. Questo non solo per Levi, ma per ogni cosa che riguarda la memoria, l’olocausto, il genocidio, l’ebraismo.
Ha il senso del gioco delle tre carte aver equiparato l’antisionismo con l’antisemitismo facendo scivolare il significato del primo termine in quello del secondo: questo trucco è stato la grande invenzione del governo fascista-sionista israeliano. Cioè aver fatto passare e imposto la logica che dire antisionista equivale ad dire antisemita; questo ha voluto significare traslare il termine antisionista da critica verso il governo in odio verso il popolo di Israele. Il libro di V. Pisanty dà dimostrazione scientifica in termini semiologici e storici di tale tesi.
Mobilitare la memoria dell’olocausto è un trucco usato come paravento per dissimulare il genocidio in corso: cioè volersi dare una patente di legittimità ad uccidere, a vendicarsi. D’altronde la vendetta fa parte della cultura biblica ebraica sedimentata nella forma mentis antropologica del radicalismo ultraortodosso.
Appropriarsi del linguaggio e della terminologia sulla memoria è fatto di stampo totalitario. Il linguaggio è patrimonio comune di tutti e non esclusiva facoltà d’alcuno, esso non si può mettere in cassaforte e custodirne il copyright su chi o come lo si deve usare. È in atto il tentativo da parte dei sionisti d’istituire per tutto il mondo la loro precipua interpretazione del termine antisemita decidendo loro cosa scrivere nel vocabolario e così decretando per legge la semantica a loro politicamente più conveniente della parola. Il libro spiega come essendo travisato in questo modo il termine finisce per assumere un mastodontico giudizio di anatema nei confronti di coloro che s’arrischiano a criticare non gli ebrei in sé ma la politica del governo di Israele.
Cioè si vuole additare i critici quali nemici delle vittime e amici dei persecutori mettendo in atto una nuova postmoderna caccia alle streghe. Vittima eccellente della Working Definition IHRA fu il leader del Labour Jeremy Corbin, soggetto d’una campagna mediatica denigratoria e diffamatoria che lo accusò d’essere antisemita in quanto pro palestinese e aver definito “amici”, in senso colloquiale, gli speaker di Hamas ed Hezbollah. E tanto altro finché non lo fecero fuori.
Con dovizia di fonti l’autrice argomenta e declina la storia di questo concetto preso in ostaggio dagli ultranazionalisti ebraici che ci hanno messo il guinzaglio al collo. Nel testo vengono elaborate e denotate le implicazioni filosofiche e politiche che la parola comporta con l’intento di ricondurla nel suo specifico alveo di verità di senso e significato aldilà d’ogni strumentalizzazione retorica. Il libro rende giustizia alla mistificazione e falsificazione linguistica della parola in esame. Infatti il risvolto della medaglia di questo scivolamento di significato è un regalo al vero, storico, antisemitismo che si reputa giustificato e lecito di tenere atteggiamenti antisemiti vecchio stampo: cioè nazifascista.