Dal 15 dicembre “Migration” la mostra co-prodotta da Museo Civico, StadtMuseum di Düsseldorf e Janco-Dada Museum di Ein Hod
Dal 15 dicembre 2019 al 12 aprile 2020 il Museo Civico di Castelbuono (Palermo) presenta la mostra Migration, a cura di Susanne Anna, Laura Barreca e Raya Zommer-Tal, direttrici rispettivamente dello StadtMuseum di Düsseldorf (Germania), del Museo Civico di Castelbuono (Italia) e del Janco-Dada Museum di Ein Hod (Israele). Migration è un’esposizione itinerante, co-prodotta dai tre musei, e realizzata con il sostegno della Fondazione Federico II. La mostra Migration rappresenta l’evento conclusivo del programma di BAM – Biennale Arcipelago Mediterraneo a Palermo (www.bampalermo.com), il festival internazionale di teatro, musica e arti visive dedicato ai popoli e alle culture dei paesi che si affacciano sul mare, incentrato sulle tematiche dell’accoglienza e del dialogo.
Dopo Castelbuono, Migration approderà al Janco-Dada Museum di Ein Hod (maggio-dicembre 2020) e infine allo StadtMuseum di Düsseldorf (giugno-agosto 2021).
Tre poli geografici che esprimono tre punti di vista differenti sul tema della migrazione, analizzandone gli elementi e le problematiche secondo prospettive e latitudini diverse, europee e mediterranee. L’intento del progetto è di coinvolgere i musei nel loro ruolo di “osservatori” privilegiati sul presente, sollecitando nel pubblico una riflessione critica attraverso gli occhi di sei artisti, di altrettante nazionalità, selezionati dai tre direttori dei Musei.
Il progetto espositivo, con il coordinamento curatoriale di Alessandro Pinto, comprende circa venti opere di Oren Fischer, Hadar Mitz, Margherita Moscardini, Edith Oellers, Klaus Richter, Francesco Simeti, che indagano le diversità politiche, economiche e geografiche sulla migrazione, questione di portata storica, generata da condizioni di vita precarie, da situazioni di violenza, da guerre, e dal divario crescente tra paesi poveri e ricchi.
Il Sindaco di Castelbuono, Mario Cicero sostiene che “le istituzioni culturali oggi devono impegnarsi in prima linea nel riaffermare i valori dell’accoglienza, della solidarietà, ideali di umanità alla base delle democrazie del XXI secolo, anche attraverso progetti artistici in grado di parlare con onestà intellettuale alla collettività”.
Così ha dichiarato Monsignor Domenico Mogavero Fina, Vescovo di Mazara del Vallo: È urgente liberare il tema delle migrazioni dalle paure e pressioni psicologiche, dalla propaganda populista, dalle secche dell’immobilismo politico. Ridiamo al fenomeno la sua valenza antropologica e umanitaria e soprattutto privilegiamo gli aspetti culturali ed educativi, per i quali la sensibilità delle giovani generazioni è particolarmente attenta. La convivenza tra persone diverse nella scuola dell’obbligo, infatti, facilita l’accoglienza e l’accettazione dell’altro percepito uguale a sé, anche se diverso. Anche per questo ambito, come per l’ambiente, diamo la parola ai ragazzi e agli adolescenti perché hanno messaggi nuovi da proporre”.
Come afferma Laura Barreca “Migration è un progetto nato dalla collaborazione di tre istituzioni culturali nel cuore del Mediterraneo e dell’Europa, unite dalla necessità di confrontarsi non solo sulle questioni migratorie, ma più ampiamente sul ruolo dei musei e sulle modalità con cui possiamo contribuire criticamente a comprendere la realtà contemporanea attraverso l’arte”.
Patrizia Monterosso, Direttore generale della Fondazione Federico II nel suo contributo in catalogo afferma: “Il bisogno di ordine nelle nostre vite rischia di semplificare il fenomeno dell’immigrazione e della morte di migliaia di uomini, donne e bambini, applicando uno schematismo sull’appartenenza e sull’esclusione, delle vite utili e delle vite superflue. Così facendo il dramma dell’immigrazione accresce ancor più la sua tragicità, perché ci si pone nell’atteggiamento di spettatori indifferenti dinanzi ad un numero sempre continuo di morti.”
“La mia idea curatoriale si riferisce al termine “migrazione” solo come lo stato in cui una persona prende la decisione di lasciare il suo paese quando la sua vita o la sua libertà sono in pericolo. Questa era la condizione degli ebrei in Europa prima e durante l’Olocausto”, così descrive Raya Zommer-Tal il suo contributo al progetto.
Susanne Anna fa riferimento alla condizione di multiculturalismo presente in Germania: “Nel Museo della Città di Düsseldorf la storia della città coincide con la storia della migrazione. Pertanto, la collaborazione con colleghi e artisti tedeschi, italiani e israeliani sul tema della migrazione è più che appropriata. Un clima cittadino sociale, liberale e multiculturale ha caratterizzato fin dall’inizio la piccola città sul Reno”.
Oren Fischer (Israele) è uno street artist, autodidatta e attivista; il suo lavoro artistico è influenzato dalla lotta quotidiana tra i suoi vicini nel rumoroso quartiere di Tel Aviv dove vive. Nelle sue opere crea un suo personale linguaggio, incorporando immagini, testi e caratteri tipografici con ironia e critica sociale.
Hadar Mitz (Israele) osserva la natura e da essa deduce il comportamento umano: in mostra una serie di fotografie e video evocativi della complessità della natura umana e non.
Margherita Moscardini (Italia) con l’opera al neon The Decline of the Nation State and the End of the Rights of Man (Il Declino dello Stato Nazionale e la Fine dei Diritti dell’Uomo), titolo del nono capitolo del testo di Hannah Arendt Le Origini del Totalitarismo (1951) fa riferimento al destino dei diritti umani, e a quello dello stato nazione, il paradigma con cui siamo abituati a vedere ormai diviso il mondo. La storia dimostra che alle minoranze senza stato non sono mai stati garantiti i diritti inalienabili, perché il mondo non ha trovato nulla di sacro nella nudità dell’essere uomo. Rendere pubblica questa riflessione di Arendt significa introdurre il fruitore dentro un’epoca che ha finalmente compreso la necessità di un cambio di paradigma.
Le due opere in mostra di Edith Oellers (Germania) dai titoli Plötzlicher Aufbruch (Partenza improvvisa) e Geheime Wanderung (Escursione segreta), mostrano gruppi di persone in movimento: migrazione per l’artista significa abbandonare la propria la patria e il proprio posto nel mondo, ma anche avere una forza interiore alimentata dall’immaginazione. Le immagini sono simbolicamente dipinte sul retro di mappe geografiche tipiche delle scuole.
Klaus Richter (Germania) ricorda come, dopo la seconda guerra mondiale, la sua famiglia sia stata costretta ad abbandonare la Boemia, regione in cui i tedeschi avevano vissuto per seicento anni. Il personalissimo ritratto del 1948 della famiglia e di altri espulsi in un campo della città di Hof, in Alta Baviera, affianca una scultura in cui un migrante dalla lunga falcata va verso il suo destino di paura, ma anche di curiosità e speranza.
Francesco Simeti (Italia) porta in mostra la sua grande tenda di velluto, Curtain (2017). Sulla superficie sinuosa si intrecciano storie provenienti dall’arte orientale e occidentale, fornendo un compendio di pittura, scultura e fotografia. Curtain diventa un portale che trasporta lo spettatore dalle sculture in Russia alle Trump Towers in India, tra fiori, fogliame, montagne e nuvole provenienti dalla storia dell’arte italiana. La scala degli elementi rappresentati inverte la loro dimensione naturale. L’artista priva le sculture e gli edifici della loro dimensione monumentale e ingrandisce a tal punto gli elementi vegetali fino a spingerli oltre la loro classica funzione ornamentale.
Nell’ottica di sviluppare conoscenza e consapevolezza sulle tematiche della mostra nelle giovani generazioni, il Museo Civico di Castelbuono ha programmato un ciclo di conferenze, dibattiti, proiezioni e incontri pubblici e destinati al coinvolgimento delle scuole. Ospiti del Museo saranno giornalisti, attivisti, associazioni, esperti in diritti umanitari e dei rifugiati che direttamente e quotidianamente affrontano la questione migratoria, chiamati a dare testimonianza del loro operato con lo scopo di accrescere conoscenza dei fatti e maturare un rinnovato senso di responsabilità civica. Tra questi Monsignor Domenico Mogavero Fina, Vescovo di Mazara del Vallo (TP), Emma Averna e Aldo Premoli, co-fondatori dell’Associazione Mediterraneo Sicilia Europa; Alessandra Sciurba, avvocato di Mediterranea Saving Humans; Clementina Cordero di Montezemolo, presidente dell’Associazione Beyond Lampedusa; Leila Segal, fondatrice della no-profit Voice of Freedom, Paola Caridi, giornalista e scrittrice, Clarissa Podbielski, Avvocato in Diritti Internazionale e Umanitario, e altri.
Inoltre l’Associazione degli Amici del Museo Civico di Castelbuono ha sviluppato un programma di iniziative che si svolgeranno durante tutto il periodo espositivo della mostra.
La mostra è accompagnata da un catalogo in italiano e inglese, pubblicato da Edizioni Kalós, e con testi delle tre curatrici, Maria Enza Puccia, Presidente del Museo Civico, Patrizia Monterosso, Direttore Generale della Fondazione Federico II, Andrea Cusumano, Direttore Artistico di BAM e Clarissa Podbielski, Avvocato ed esperta in Diritti umani, Diritto internazionale e Diritto dei rifugiati.
In occasione delle festività natalizie 2019, dall’8 dicembre sulla facciata del Castello dei Ventimiglia sarà allestita una grande scritta luminosa concepita da #ditosinistro, dal 2015 estensione del pensiero dell’artista Francesco De Grandi. Una scritta sgangherata, di colore rosso che l’autore esegue con la mano manca, affrontando temi contemporanei con un atteggiamento caustico e fortemente incisivo.