Il mistero delle vie a Castelbuono (parte II). Rapsodia nera: dal mistero al problema
Tempo di lettura: 5-6 minuti
La verità non è che una. Le bugie sono infinite.
Figuravano gli antichi la verità per un punto, le bugie per le linee;
e ciò perché da un punto si tirano linee infinite.
— Pio Rossi
Il fatto che così tanti politici di successo siano degli spudorati bugiardi
non è solo una riflessione su di loro,
è anche una riflessione su di noi.
Quando le persone vogliono l’impossibile,
solo i bugiardi possono soddisfarli.
— Thomas Sowell
La prima di tutte le forze che governano il mondo è la menzogna.
— Jean-François Revel
La menzogna dà dei fiori ma non dei frutti.
— Proverbio africano
La mattina successiva il cielo era terso, radioso, luminoso, oltreché frizzante, pieno di bollicine. Un freddo glaciale imbiancava i campi gelati, intirizzendo i germogli. Il sole basso prometteva di far sciogliere la gelata dalle dieci in poi. Tempo al tempo, e l’aria si sarebbe surriscaldata: un dolce tepore avrebbe alla gente rinfrancato le ossa mentre la gelata si sarebbe evaporata.
L’atmosfera paesana, effervescente, elettrizzava gli animi in un giocoso via vai da sabato del villaggio leopardiano. Non tutti erano allegri e gioivano, però, proprio come nel canto di Leopardi. Qualcuno in paese, ma non come in Leopardi, per altri motivi era corrucciato e non si elettrizzava. Cupo, si crucciava non perché emarginato, ma in quanto contrapigliato dall’insuccesso di cui la cagione non si capacitava e, come una furia, scalciava.
Si direbbe allora: ma che bella giornata?
“Ma che bella giornata!” la mitica canzone di Ugolini.
No, non per tutti era una bella giornata. Arroccato nella torre d’avorio, col muro si scornava come un ungulato permaloso, irritato. Negli uffici in basso, bisbigliando si vociferava; in alto si sbolliva e, alla luna, si sbraitava pavidi furori.
“Non si può dire?”
“No, non si può dire.”
“È stato un fallimento. Non si può dire?”
“No.”
“Allora è vero.” Le si avvicinò all’orecchio.
“La proposta… una figuraccia?”
La stampante sfarfallava. Guardò verso la porta aperta per vedere se qualcuno origliava. Tutte le porte degli uffici erano aperte, tranne una.
“Gli hanno dato contro.”
“Tutti quanti contro. Critiche a gogò.”
“Ma va’, era tanto esilarante?”
“Da ridere a squarciagola.”
“Uno sghignazzo continuo?”
“Da portare al veglione.”
Deglutì. Aggrottò la fronte e canticchiò:
“Oh che gioia venisse al veglione. Venisse al veglion…”
“La maschera di Giano?”
“A dir poco camaleontico.”
“Proteo?”
“Uhhh! Altro che! Prismatico.”
“Era una bella proposta?”
“Come la Sicilia…?”
Soffocando la sghignazzata.
Quella mattina il viaggiatore si svegliò ritemprato e rasserenato. Scosse le membra e schioccò le ossa, sbadigliando, girando le braccia in alto fino alle scapole e tutta la schiena. Era in forma, nella norma, e se ne compiacque. Con calma, fischiettando, si sistemò per il colloquio pensando di trovarsi a Castelvetrano, Castelfranco, Castelvolturno, grossi comuni. Ma qui c’era ‘u scanti di finire di numero come Castelmagno.
Si deve definire l’assegnazione, discutere il contratto della commessa. Non un appalto tramite bando, ma per assegnazione diretta. La ditta era stata scelta per l’esperienza, il curriculum, la professionalità, le referenze eccellenti. Certo, costava cara… però era un fiore all’occhiello. Un favore in più di cui fregiarsi elettoralmente. I favori in politica sono medagliette olimpiche.
Fu accolto con gli onori del caso, i convenevoli dovuti. Lo fecero accomodare, aspettare. Dopo un po’ comparve l’Assessore Vicesindaco anziché il Sindaco: si presentarono.
Il viaggiatore l’aveva scambiata per il Sindaco e, inebetito, rimase basito.
“Avevo appuntamento col Sindaco. Non c’è?”
La signora Vicesindaco, a disagio, balbettò, si scusò:
“Sa, è molto impegnato. Se si libera ci raggiunge.”
Rispose:
“Ma io volevo parlare con lui e chiudere. Mica posso tornare di nuovo?”
Disse il viaggiatore. Si guardò intorno, in alto, fuori dalla finestra. Prese tempo frastornato. Rinvenne e si diede un tono composto, schiarendosi la gola per non inalberarsi.
“Sarà qui tra poco, si scusa per l’inconveniente. Deve finire di scrivere un post. Intanto faccio io.”
Lo rassicurò la Vicesindaco.
“Al telefono il Sindaco mi ha pregato, supplicato che voleva parlarmi di presenza e ora…”.
Accettò un bicchiere d’acqua, poi riprese:
“Mi aveva detto ch’era liberissimo.”
La Vicesindaco fece buon viso a cattiva sorte e assunse il tono d’ambasciatrice che non porta pena.
“Verrà appena finisce. È alle prese con una risposta urgente, lunga e complessa, da scrivere con estrema attenzione.”
Fece spallucce e deglutì amaro.
“Guardi, noi siamo una ditta seria e rinomata con tanti encomi e attestati. Referenze al top, un’eccellenza in tutta la Sicilia per i servizi evoluti e devoluti, ed essere trattati così… lascia l’amaro in bocca.”
Bevve e deglutì il rospo. Gli veniva voglia d’alzarsi e andarsene. Il viaggiatore esperto in problem solving si trovava avviluppato dentro un problema irrisolvibile.
La Vicesindaco prese la parola e cominciò a sciorinare tutta la questione della Toponomastica, le criticità, gli obiettivi, i nodi da sciogliere per la realizzazione. Gli espose la proposta del Sindaco, le necessità dei cittadini, etc.
Però gli celò che c’era stato il lavoro di ben due-tre commissioni delle quali il Sindaco delle conclusioni s’appropriò, indebitamente, stravolgendole a sua immagine e personalizzando l’abito a sua misura e gusto.
Il viaggiatore sgamato e scafato subodorò che gatta ci covava. Aveva avuto sentore ed esperienza diretta la sera avanti del pastrocchio in cui era cascato.
“Ma la proposta è stata deliberata dalla Giunta?”
“Ancora no, è in agenda alla prossima riunione. Ci sono stati piccoli intoppi. È una proposta ambiziosa e dunque genera qualche difficoltà”. La Vicesindaco si scompose, si ricompose. Sbirciò le carte. Riprese. “Ci sono situazioni in paese da sanare, situazioni sempre in paese da applicare e nelle campagne dei dintorni tutte da definire”.
“E come si è arrivati ad elaborare tale proposta?”. Chiese il viaggiatore, Amministratore della ditta.
“A dire il vero ci si basati sulla relazione di una commissione ad hoc che ha chiuso i lavori nel 2020. Punto d’arrivo e di partenza”. Articolò la Vicesindaco presa da un rimescolamento di sangue al petto, e imbarazzata si dovette dimenare.
“Ah la commissione… Si può leggere questa relazione? Tanto per capire. Non vorrei che poi i cittadini se la pigliano con la nostra ditta se qualcosa della proposta non va loro a genio. Per noi il feedback degli utenti è molto importante, uno dei capisaldi del nostro relazionarci coi committenti. Finora non abbiamo mai avuto commenti negativi o critiche sotto la sufficienza. Vorrei vedere se le due cose collimano”. Disse l’amministratore.
“Non so se si è persa durante il recente trasloco come tante altre carte. C’è stata una decimazione degli atti non digitalizzati. La cercherò. Vado a vedere. Intanto se vuole dare un occhio al contratto”. E uscì. Del Sindaco nemmeno l’ombra. Era passata un’ora e non c’era traccia. Dopo un po’ di snervante attesa ritornò la Vicesindaco. “Non l’ho visto. Forse è uscito”. Disse scusandosi per l’attesa. “Sono spiacente ma non sono riuscita a recuperare la relazione. L’ufficio se ne sta occupando”. Conturbata la Vicesindaco si sedette accavallando le gambe.
“Capisco il suo punto di vista, tuttavia mi serve la relazione della commissione. Noi lavoriamo in osmosi col sentire degli utenti per non avere valutazioni negative nel nostro sito. Alla fine di ogni lavoro mettiamo a disposizione un indice di gradimento dove i cittadini possono esprimere il loro giudizio sul lavoro svolto, per cui vogliamo evitare brutte sorprese”. L’amministratore abbassò lo sguardo, si mise a raccogliere le carte e s’alzò per andarsene. La Vicesindaco cercò di trattenerlo. “Ma veramente…”. Lui la interruppe, la guardò negli occhi e concluse: “Facciamo così quando avete trovato la relazione me la mandate via mail”.
In quel mentre, putacaso, trafelato entrò il Sindaco.
Nel frattempo ai piani bassi.
“Immagino se l’era intestata”. Disse ripassando la mano davanti la fronte. “Voleva fare colpo. Sfondare in tutto il paese, e oltre”.
“E invece fu stroncata sul nascere. Si vede che faceva schifo allora”. “Beh. In effetti…”. Allargò le braccia facendo spallucce.
“Quindi deve rimediare? Tutto da rifare?”.
“Si. Un capro espiatorio sacrificale lo deve trovare. Se fossimo a Pasqua basterebbe un agnello, ma…”.
“Al solito. L’alterigia deve sfogare. Alzare il tiro, confondere le acque. Dare la colpa agli altri”. Formulò con tono sagace.
“Sviare, scantonare, svicolare, cambiare le targhe, stornare. Armi di distrazione per gli allocchi”.
“Ma gli allocchi stanno aprendo gli occhi e nemmeno loro riesce ad abbindolare ormai”.
“E che vuoi. Dai e dai. Ma prima intendevo. Bisogna rifare tutto il lavoro? Quello fatto e il non fatto?”.
“Ah certo, pure lo sfatto. Non si salva niente”.
“Tutto, tutto, tutto?”.
“Siiii. Ha convocato una ditta specializzata in topos. Al top del topo”. (La “o” finale è un refuso di stampa).