Il paese alla rovescia: uno studio antropologico

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(Di Francesco Di Garbo) – Seduto alla scrivania, stracco e abbacchiato per l’estenuante intervento in videoconferenza al Congresso sull’Antropologia della Globalizzazione e il nuovo ordine multipolare, il Professore rigirava tra le dita, come una carta da poker, la nota informativa che il più perspicace dei suoi Scout gli aveva inoltrato dalla profonda Sicilia agro-pastorale. In uno dei suoi viaggi in avanscoperta esplorando i Nebrodi e le Madonie lo Scout s’era imbattuto in un borgo di montagna poco conosciuto sebbene frequentato da turisti che lo visitavano stile “giapponeseria”, mordi e fuggi tutti intruppati e inscatolati, i quali non lasciavano traccia indelebile del loro passaggio e il borgo non incideva nella memoria dei teleguidati turisti ignari della storia e delle tradizioni a parte la fuggevole percezione visiva passeggera del paesaggio incantevole e qualche leccornia enogastronomia simil locale tipico-tradizionale.

Willy (Wilhelm) era un talento puro nello scoprire nicchie di popoli autoctoni millenari gelosi del loro ombelico del mondo, ligi ai loro usi e costumi sociali e politici e poco inclini al cambiamento. Essi rappresentavano vere e proprie chicche per gli studi Antropologici di cui l’herr professor ne va ghiotto: il localismo è la sua materia, il suo settore. Vigeva nel borgo un potere semiassoluto e semiereditario inscalfibile e inossidabile nonostante crepe a non finire e ruggine a gogò. Oltre a ciò la nota spiegava che la Comunità viveva una sorta di organizzazione sociale e una gestione politica alla rovescia. In particolare in quella località gli abitanti “pensano con la pancia e mangiano con la testa (mente)”. Nella penombra dello studio Herr Professor Albert Bekannte si girava tra le mani la nota informativa e rimuginava sul senso rovesciato della Comunità ivi residente.

“Cosa vuol dire per l’ontologia che questi pensano che mangiare è necessario mentre pensare è superfluo? Che si pensa meglio a pancia piena? Mentre se la testa resta vuota chissenefrega? Quindi danno priorità assoluta al benessere materiale più che a quello intellettuale? Avranno provato la fame e vogliono rifarsi?”. Domande veloci, pensieri pesanti arrovellavano il Prof.

Alcune foto accluse alla nota evidenziavano una certa obesità ostentata (u viddicari da panza e prisenza) tra le persone immortalate. Satolli e paciosi nei dehors dei locali bisbocciavano allegri e gaudenti con sguaiata esuberanza. La nota, tuttavia, chiariva che la popolazione non è per niente avversa al progresso, alle nuove tecnologie o agli ultimi ritrovati alla moda etc. Anzi si sentono innovatori ante litteram, l’avanguardia dell’Universo; i più avanti di tutti. Insomma una certa vanità d’accatto nutre l’intelletto di chi pensa con la pancia. Vanità ben camuffata dal considerarsi avamposto innovatore-innovato aperto a recepire un po’ alla carlona (specificava la nota) qualunque novità appena uscita nel Globo. Forse ciò è dovuto grazie proprio alla loro peculiarità d’essere alla rovescia. E chi non è alla rovescia, è un bastian contrario. Perché la nota specificava pure che ci sono tanti avveduti riottosi ad essere ontologicamente alla rovescia, e tanti che in buona fede ci son cascati inavvedutamente. Vabbè i lacchè hanno la maggioranza, però c’è pure una minoranza; almeno il principio democratico (la faccia) è salvaguardato. Certo se ne farebbe volentieri a meno dell’opposizione rompiballe, o della libera stampa che tampina ossessionante. Il sogno delle mani libere e piedi non pestati è quello che tutti gli amministratori semiassoluti agognano in cuor loro.

“Borgo alla rovescia!”. Prima la pancia poi la testa. E se la pancia è piena della testa gliene può fregar di meno. Qualcuno ha pure coniato un nuovo ossimoro per rimarcare tale originale tipicità: “Intelligente/ignorante”. Cosa vuol dire? In termini semantici o si è intelligenti o si è ignoranti: delle due l’una. Non è neppure una endiadi, la quale congiunge due sostantivi coordinati. “Bah! Se il borgo è alla rovescia può causare di questi sfondoni intellettuali”. Si disse il Prof. andando avanti. Dalla nota s’evince che in fondo nel loro piccolo non è che poi spiccano così tanto in termini di benessere economico. Lo spopolamento ne è la prova irrefutabile. Sì, un certo benessere li illude, li “assetta” e seduti in panciolle si rimirano allo specchio fregandosene della cultura. Cultura del narcisismo. “I lettori di libri? Li si deve cercare col lanternino”. Sospirava il vecchio libraio da una vita. Avanguardia senza cultura un’antinomia in termini, e gli abitanti (senza fare di tutta l’erba un fascio) si cullavano sull’analfabetismo di ritorno, denigravano l’intelligenza e lodavano la praticità del pseudobenessere: “ma chissefrega degli intellettuali, noi diamo retta ai materiali!”. Slogan simil miniculpop (nazionalpopolare). Eppure, ipocrisia misconosciuta, si reputavano cattolicissimi di Sacra Romana Chiesa, ma il Papa che erompe in strali contro il bieco materialismo edonistico mica lo ascoltano, eccetto prostrarvisi ai fini elettoralistici. Per un verso si reputano locali e peculiari, per altro verso sono intrisi d’americanizzazione imperante che ha fatto breccia anche nei borghi più remoti: popolazioni autoctone incluse. Alla faccia delle tradizioni secolari tanto vantate.

L’herr Professor A. Bekannte teorico del localismo comunitario vis-a-vis e la salvaguardia delle diversità culturali e antropologiche meditava sulla nota; emerito e premiato con la Gold Medal Ernesto De Martino per i suoi studi sul campo non aveva nulla da temere. Esaminata in generale la situazione gli sovvenne ch’era necessario capire meglio la figura del Mastro-Borgo. Per prima cosa scoprì che aveva ricevuto le chiavi del Borgo dopo aver imbonito e gabbato gran parte della Comunità con i soliti sistemi ad uso dei politicanti, mettendo in atto la tecnica della Machia: sia simulando astutamente (furbo matricolato), sia come Titanomachia mettendo in atto una lotta senza quartiere e senza esclusione di colpi. “Tracotanza” si dice. Si corresse il Prof. E da allora comanda imperterrito sul Borgo e a vita si vorrebbe far nominare, ed in eredità in dote portare il pacchetto di voti per la carriera politica agognata.

Fin dal primo giorno con sottile persuasione aveva implementato la cultura del rovescio copiandola dal più losco metodo vetero democristiano rinnovandolo con gli ultimi ritrovati della tecnica operatoria di cesello, cioè a dire il sistema d’abbindolare e ricattare i poveri sudditi che ragionavano con la pancia: ebbe gioco facile. Lavorando sul collaudato metodo democristiano il Mastro-Borgo (Faust-Burg) (In-faust Mastro del Burg), rovesciò con la Machia la testa con la pancia e viceversa. Quindi l’herr Professor A. Bekannte si rese subito conto che il punto focale del rovescio era costituito dal Faust del Burg (Mastro-Borgo) quale vulcano sputafuoco dragonesso.

Si avvide d’acchito che gli adulatori sono dappertutto uguali, non si sprecano in elogi e adorazioni per il loro benefattore. Ogni giorno hanno in testa un solo obiettivo: aspettare che l’ombra del sole si accorci fino ad arrivare alla punta dei piedi, l’ora rimpinzare la pancia e placarne i caustici brontolii. Indi, arrivati al punto s’avviavano di corsa ad incensare di adulazioni il loro Trimalcione perché la pancia dà da pensare e la testa dà da mangiare. Devono obbedire al mondo alla rovescia e vivono contenti di mangiare con la testa e pensare con la pancia. Della verità gliene frega meno di niente e all’ombra in panciolle amano rigirar i pollici nella siesta pomeridiana. Il Prof capi che bisognava studiare in presenza la situazione e in primis la figura dominante. Decise allora d’organizzare una spedizione antropologica tra le montagne dove rideva il Borgo per scoprire come stavano le cose.

L’indagine sul campo.

Il Prof si premunì di tutta la documentazione reperibile: storia, tradizione popolare, etnologia e religione etc. Ebbe un proficuo scambio di vedute con i colleghi di Palermo e con alcuni centri studi etnomusicali ed etnoreligiosi. Dopodiché partì alla volta del montanaro Borgo.

Una conclusione provvisoria tipo pulce all’orecchio lo conduceva dritto dritto al tema del narcisismo. Un’affezione afflizione che serpeggiava nel Borgo a causa del rovesciamento dei possenti sentimenti. Ci arrivò leggendo un articolo, a dire il vero una memoria, su un blog locale che s’era preso la briga di compulsare. Il titolo era: “Riflessioni urticanti di un cittadino sul sistema paese e del suo Mastro-Borgo”. Il Prof non conosceva il retroterra dello scritto che sicuramente aveva dei buoni motivi d’essere calato nel suo adeguato contesto. Tuttavia preso a se stante il testo gettava una certa luce sull’andazzo degli interstizi sociali e politici del Borgo.

Riporto il testo integrale scaricato online.

   Cari lettori devo fare una premessa. Mi urge confessarvi con grave mea culpa che ciò che ho scritto in passato non è farina del mio sacco. No, nemmeno una virgola. Nondimeno non è nemmeno plagio, infatti non ho copiato da nessuno e da nessuna parte. È cosa ancora più peggio del plagio. Sì cari lettori tutto quello che ho scritto mi è stato dettato! In confidenza devo rivelare che c’è un omino posato dietro le mie spalle che mi detta ogni cosa. Se fosse un omino interno al mio cervello alcuni neuroscienziati lo chiamerebbero “homunculus” tipo un suggeritore di teatro dove si recita sotto indicazione di un qualche burattinaio. Insomma scrivo eterodiretto! Sotto dettatura! Io, proprio io, spirito libero, persona integerrima con la schiena dritta e dal pensiero incoercibile scrivo sotto dettatura. Non sono io, ma un altro che si esprime per me e il mio cervello è teleguidato da remoto. Vi è un Grande Vecchio che mi dice cosa scrivere e cosa fare. Ecco chiedo venia, chiedo scusa, non fidatevi più di me. Ha ragione “lui”, l’ideologo mi ha circuito, abbrancato, lobotomizzato e splittato il mio cervello.

Ma siccome penso, e credo che anche voi lettori lo pensiate, d’essere un individuo a piombo che non permetterebbe mai e poi mai a chicchessia di dettarmi cosa scrivere o cosa fare vi assicuro cari miei che non siamo di fronte a circonvenzione d’incapace. Anzi siccome “lui” pensa che gli oppositori, (e lo pensa senza averne la benché minima prova, indizio o cognizione di causa), pensano sotto dettatura dell’ideologo, devo supporre a ragion veduta che con tutti gli strali che getta addosso agli indipendenti disubbidienti, quindi me compreso, offende a tutto tondo e inopinatamente la mia integrità intellettuale, la mia dignità politica e facoltà letteraria e quella di tutti gli altri. Poiché ci tengo alla mia testa, non per altro ma perché è ben posata sulle mie spalle e non è decollata che se ne va in giro a farsi abbagliare da dettatori o dittatori vorrei rassicurarlo che si sbaglia di grosso e che “lui” ha preso una grossa cantonata.

Lo dimostra il fatto che ragionando con la pancia, “lui” in primis, ha capovolto il sillogismo Barbara in sillogismo barbaro. In pratica: “Siccome i disubbidienti sono intelligenti non pensano con la pancia, ma pensando con la testa hanno un ideologo che gli detta cosa pensare, quindi non pensano né con la testa né con la pancia; cioè sono deboli di testa”. Di contro. “Quelli che pensano con la pancia sono deboli di testa, ma avendo la pancia piena se ne stanno buoni e plaudenti, quindi meglio la pancia piena e la testa vuota che la testa piena e la pancia vuota”. Questo modo di ragionare è normale in chi è abituato ad avere a che fare con gente che pensa con la pancia. E siccome a “lui” fa comodo che la gente non pensi con la testa, avendo inculcato tale sistema di fare alle elezioni vince facile. Con questo sillogismo barbaro “lui” ha rovesciato il paese e se lo tiene al guinzaglio.

Non appena il Professor Bekannte arrivò nel Borgo ed effettuò un primo giro d’osservazione tirò questa prima conclusione. Uguale con i dovuti distinguo a ciò che s’immaginava.

L’articolo-memoria continuava.

Ma il bello è che è pure recidivo, indefessamente continua ad offendere l’intelligenza delle persone. Non si rende conto d’offendere? No l’offesa è premeditata. Ho la forte impressione che a “lui” gli viene un certo godimento libidinoso fare di tutta l’erba un fascio e peggio ancora dire cose strampalate che non stanno né in cielo né in terra. Di conseguenza ritengo che la sua, di “lui”, accusa è basata sulle sabbie mobili della dietrologia a basso costo. Le consiglio caro “lei” di farsene una ragione: a me piace parlare senza peli sulla lingua, pane pane, vino vino. Lo dovrebbe sapere, ma per sicurezza glielo ribadisco. Nondimeno il mio modesto intento è quello di sfatare questa stucchevole dietrologia ed evitare che diventi una leggenda metropolitana. Le sue ingarbugliate dicerie imbonitrici vanno bene per coloro che pensano con la pancia finché avranno voglia di seguirla, poi chissà… non ho la palla di vetro.

Sa caro Sindaco non avrei voluto scrivere questo pezzo sotto dettatura. Mi sarei tenuto per me l’offesa all’intelligenza e avrei sorvolato sulla faccenda come un cuculo in cerca di un albero, in cerca di un nido dove espellere l’uovo e parassitare la covata per evitare l’estinzione della specie. Purtroppo non sono riuscito nell’impresa di trovare un albero con le foglie dentro il paese, quindi sono stato costretto a dire tutto ciò andando in cerca di un’alternativa al suo malo modo d’amministrare. Alternativa che rispetti la salvaguardia ambientale e non vada vanvera a capitozzare.

Altro effetto della pancia è che ci si immedesima con essa e si tirano presuntuose conclusioni altezzose e arroganti. Si crede che la politica debba essere una fede anziché una pratica perché la fede genera lacchè mentre la pratica (attivismo volontario) è un servizio disinteressato. La vera monarchia è quella di coloro che concepiscono il Potere come un fatto personale e lo vorrebbero gestire vita, come nel suo caso già da vent’anni e si propone per restare in sella fino a… ancora per molto, finché è in vita magari. Se il principe consorte è una metafora, la sua (di “lei”) minaccia è letterale. Lei ne è convinto sul serio d’essere indispensabile al paese perché le deriva dalla pancia.

Vede il problema non è cambiamento o non cambiamento, il problema è il futuro del paese. Su questo punto ineluttabile gli elettori dovranno fare i conti e riuscire a rimettere le funzioni nel giusto posto: far pensare la testa e mangiare con la pancia. Uscire dall’abominevole paradosso, in quanto è meglio una testa dritta e libera che una pancia piena e soggiogata.

Adesso dico una cosa scontata che è sotto gli occhi di tutti gli osservatori, se la dico lo faccio per rinfrescare la memoria ai deboli di testa e focalizzare l’attenzione nei forti di cuore. La crisi della democrazia nelle società occidentali con la disaffezione alla politica dei cittadini, l’astensionismo elettorale e il riaffiorare di sentimenti antipolitici destrorsi etc. è dovuta al fatto che la Politica è stata ridotta a manovre di palazzo e macchinazioni di gruppi e cacicchi che con accordi sottobanco hanno pensato più all’ambizione personale, carriera, che non al bene comune o ai beni comuni. Grazie al baratto di pacchetti, più o meno consistenti, di voti (orticello o feudo) si contendono le poltrone e appagano le ambizioni personalistiche alla faccia della trasparenza e. dell’onestà intellettuale. La questione morale non riguarda solo la corruzione o concussione, bensì è originata dal metodo, dal modo di fare politicante che si avvale del politichese. Che senso ha appellarsi ad E. Berlinguer, al suo pensiero (di testa non di pancia) sulla questione morale? Se poi si agisce nella pratica politica, non dal punto di vista giuridico ma sotto il pensiero filosofico, in modo eticamente inconcepibile con furbizia e macchinazioni (Machia) rovesciando testa e pancia, parlando in politichese e rivoltando la verità in modo dietrologico? Non ha nessun senso, questo è bene che si sappia e che si tenga presente sia dai politici quanto da tutti i cittadini-elettori. Se si vuole ricondurre la democrazia al suo senso e significato originario, cioè quello della partecipazione di tutti non c’è altra alternativa conosciuta al mondo se non quella di cambiare rotta. Cambiare l’ideologia capitalista, cambiare modello sociale, cambiare i figuri politicanti. Se si continua a stravolgere la verità si perpetuerà questo pernicioso e orrido sistema paese e mondo, che stando ai presupposti ci condurrà dritti dritti all’estinzione. Per la cronaca qualche studiosa sostiene che è già in atto: Elizabeth Kolbert “La sesta estinzione. Una storia innaturale”. Sarà vero, sarà una previsione errata? Tuttavia certi presupposti ci sono e solo quelli con i prosciutti davanti agli occhi fanno finta di nulla.

Il grande B. Brecht sosteneva che per le persone prive d’umorismo è generalmente più difficile capire il Grande Metodo (a differenza dei bassi mezzucci); si può tranquillamente sostituire “Grande Metodo” con Grande Politica” e il risultato è lo stesso. Il problema della verità è il problema del cambiamento, finché la pseudo verità      riesce a dissimulare, camuffare, occultare la Grande Politica lo Status-quo ante regge e non viene messo in discussione. Solo ragionando con la testa e non con la pancia si squarcia il velo di Maia e si può mettere in atto il Grande Metodo, una nuova politica, una nuova speranza. Agli amici disubbidienti e oppositori parafrasando Brecht dico: “Dobbiamo continuare a criticare l’operato dell’Amministrazione e fregarcene se veniamo additati come pensatori sotto dettatura”. Il metodo di “lui” lo conosciamo bene: è quello “usa e getta” (prima coopta e usa, poi quando l’oggetto è inutile lo accantona e lo getta. Usare le persone come oggetti si chiama prostituzione e la dice lunga sul metodo al rovescio), semina zizzania tra gli avversari per disintegrarne l’unità e avere gioco facile. L’obiettivo del Sindaco è quello di frantumare l’opposizione!

Così terminava l’articolo-memoria sul blog locale che il Prof lesse tutto d’un fiato. Il metodo politicante collaudato e risaputo che il “Mastr-Borgo” da trent’anni a questa parte mette in atto è quello di squalificare gli avversari additandoli come incapaci, sminuendo le loro ragioni con contumelie e irrisione, e cucendo loro addosso lo stigma della mala fede puerile, e inoltre d’essere strumentalizzati.

Lo studio del Professor Albert Bekannte era suffragato da una bibliografia circoscritta, da interviste sul campo e citazioni euristiche. Fu pubblicato in una rivista specializzata, ebbe riconoscimenti in tutto il mondo e portato ad esempio con migliaia di citazioni dai suoi colleghi. Tuttavia venne ignorato bellamente da chi pensava con la pancia, perché la pancia non ha le debite facoltà di fare un ragionamento esaustivo e pensa solo a rimpinzarsi e gozzovigliare per ostentare “u viddicari”. Lo studio infatti metteva a nudo la capziosità del Sindaco paragonandolo al Pifferaio di Hamelin trascinatore col piffero magico di nidiate di pulcini pigolanti intorno al Galletto. Questa forma mentis fu nefasta per la popolazione del Borgo in quanto non furono capaci di prevenire la crisi del modello Briatore-Sanatchè del turismo mordi e fuggi e restarono incastrati nella povertà materiale, e, peggio ancora, non avevano gli strumenti intellettuali per superare la buriana. Cosicché emigrarono tutti, resto solo il Sindaco imperterrito a fare il Sindaco di se stesso.

P.S. Va da sé che gli italiani leggono pochissimo, i castelbuonesi men che meno. Le persone preferiscono nutrire la pancia piuttosto che la mente. Ciononostante, cosa alquanto importante,  restò a futura memoria la testimonianza dell’herr Professor A.B. Testimonianza sotto giuramento dove conta la verità, e non sotto dettatura che non conta nulla.

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