La manna sui media nazionali grazie all’attività del Consorzio. Servizio TG2 Eat Parade e articolo su Avvenire

E’ andato in onda il 21 settembre, nel corso della rubrica del TG2 Eat Parade un servizio sulle attività del Consorzio Manna Madonita, per rivederlo occorre selezionare il minuto 10.29 dalla finestra in alto.
Inoltre risale al 25 settembre un articolo apparso sul quotidiano della CEI Avvenire dal titolo “Tradizioni.Castelbuono riscopre la manna. E non cade dal cielo”, lo riportiamo interamente in basso.

Tradizioni. Castelbuono riscopre la manna. E non cade dal cielo
(Avvenire – di Giuseppe Matarazzo) Il suo nome deriva dall’aramaico Mân Hu? (Cosa è?). È la domanda che secondo la Bibbia gli ebrei, in fuga dall’Egitto attraverso il deserto, rivolsero a Mosè quando videro piovere dal cielo un cibo sconosciuto, inviato loro da Dio per sfamarli: «Era come seme di coriandolo, bianco e aveva il gusto di schiacciata fatta con il miele» (Esodo 16,31). È la manna, un prodotto che da sempre, racchiude in sé fascino e mistero. La manna, che i greci e i romani conoscevano col nome di “miele di rugiada”, è stata utilizzata per secoli come dolcificante naturale a basso contenuto di glucosio e fruttosio, come depurativo, digestivo e anche lassativo. Si ottiene dalla solidificazione della linfa elaborata che fuoriesce dalle incisioni praticate sul fusto e i rami principali di alcune specie di frassino. In Sicilia, così come in molti Paesi del Mediterraneo viene prodotta fin dalla seconda metà del 1500 con tecniche tramandate gelosamente da padre in figlio. A partire dal secondo dopoguerra, però, la coltivazione di frassini da manna ha subìto un rapido declino, rimanendo relegata all’area madonita di Castelbuono e Pollina. È questo, probabilmente, l’unico posto al mondo dove si produce ancora la manna. Una rarità che questa vivace realtà siciliana intende valorizzare.
È nato con questa intenzione il Consorzio della Manna Madonita – sostenuto dalla Fondazione con il Sud – che raggruppa quattro cooperative e conta su una base produttiva di circa 60 ettari, curati con passione dagli ultimi frassinicoltori (detti pure mannaroli o, in siciliano, ntaccaluori). «Parliamo di numeri assoluti bassi, ma l’obiettivo in pochi anni – dice il presidente del consorzio, l’agronomo Vincenzo Barreca – è di triplicare gli ettari di coltivazione. Anche perché i campi di applicazione sono tanti: l’alimentare, il dolciario, il farmaceutico, il cosmetico. E le richieste si moltiplicano». Di certo questa delizia, così antica e ricca di proprietà, sta guadagnandosi spazi sempre più importanti in ambito gastronomico per soddisfare palati gourmet. Un esempio? Il re dei panettoni di Castelbuono, ormai conosciuto in tutto il mondo, Fiasconaro (che ha appena avviato anche una collaborazione con Dolce e Gabbana), utilizza la manna per alcune delle sue ricercate prelibatezze.

La raccolta avviene in estate. Verso la seconda o terza decade di luglio, i mannaroli verificano lo stato di maturazione delle piante facendo piccole incisioni sulla corteccia del frassino con una particolare roncola affilata e appuntita, detta mannalouru. Se dalla “ferita” stilla la linfa, o la lagrima, la pianta è matura e si può continuare. Da questi solchi sgorga un liquido ceruleo e amaro che, a contatto con l’aria, si rapprende rapidamente formando uno strato cristallino biancastro: la manna, appunto. Per raccoglierla i mannaroli inseriscono sotto l’incisione una piccola lamina d’acciaio a cui viene legato un filo di nailon lungo il quale, nei giorni successivi, la manna gocciola formando piccole stalattiti, chiamate “cannoli”. «Questa è stata un’annata strana, molto piovosa – dice Barreca – che ha ritardato la produzione e limitate le quantità. Si è dovuto aspettare con pazienza che le piante fossero pronte». Cura e rispetto della natura, dunque. E forse qualcosa di più. Scrive Giuseppina Torregrossa in Manna e miele, ferro e fuoco (Mondadori), romanzo dedicato alla prima mannaluora delle Madonie: «Ci vuole grazia per fare la manna – rispose il priore –. Essa è figlia dell’amore». E a Castelbuono la manna si fa proprio così.

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