La palma della Strata longa. Pretesto per alcuni appunti a puntate di storia (semi)seria – seconda puntata
In paese, fino agli anni ’40, non era ancora invalso l’uso di alberare le strade urbane. Si iniziò all’incirca in quel periodo con la via sant’Anna, lungo i marciapiedi della quale furono piantumati non cipressi alti e schietti ma i ben più modesti oleandri che ancora oggi eroicamente resistono, ad eccezione di quelli recentemente soppressi davanti al nuovo municipio forse per rendere più spettacolare il volo in caduta libera delle piastrelle del suo prospetto.
Gli oleandri in duplice filar lungo la strada che porta al castello certamente riscossero un alto gradimento fra gli esteti del tempo tanto che, a metà degli anni cinquanta, si pensò di fare altrettanto alla Strata longa, nella parte compresa fra la via Garibaldi e la via sergente Mariano Carollo.
Qui il risultato non fu di pari effetto perché le buche quadrate che ospitarono gli alberi (foto 1) interruppero il colpo d’occhio fornito dalla tassellazione della superficie dei marciapiedi ottenuta con esagoni regolari e rombi delimitati da mattoni da costruzione posti di taglio e riempiti con ciottoli di mare, di colore scuro all’interno dei rombi e più chiaro all’interno degli esagoni (foto 2).
Fu in questa tornata di miglioramenti estetici della Strata longa che davanti ai canaleddra venne messa a dimora l’ormai celebre palma (anzi qualcuno sostiene che ne furono piantate due, di cui quella più vicina all’estremità del marciapiede non attecchì). Nella foto 3, scattata nel 1954, sono ben visibili i gabbioni in legno posti a protezione di tutti gli alberi da poco piantumati.
La porta aperta che si scorge dietro i canaleddra è quella della sartoria di Pietro Di Garbo, per tutti – specialmente â Strata longa – don Pitrinu u viddranu, una minuta persona, buona e paziente come poche, che nessuno ha mai visto alterarsi, neppure quando i monelli di allora, specialmente d’estate, otturando del tutto il cannello a monte della fontanella e parzialmente l’altro, facevano uscire da quest’ultimo l’acqua a pressione con una gittata che, opportunamente diretta, si spegneva dentro la bottega del sarto. Nel romanzo di Giuseppe Bonaviri il sarto della stradalunga si può trovare più di una analogia col nostro personaggio. Don Pitrinu, che non aveva figli, aveva quasi adottato la palmetta e, nel suo convincimento di poterne affrettare la crescita, diverse volte al giorno andava ad attingere acqua col suo piccolo lemmu di terracotta invetriata per annaffiare la palma che, indipendentemente dalle amorevoli cure del sarto, andava sviluppandosi, come si vede in questo scatto fotografico della primavera 1959 (foto 4).
Se la presenza degli alberi, in qualche modo, alterò le simmetrie decorative dei marciapiedi, non incise minimamente sulla pavimentazione della Strata longa che mantenne intatto il suo straordinario fascino dato dall’armoniosa composizione di selci e lastre di pietra calcarea di diversa lunghezza, tipicamente incavate dalle carrarecce (foto. 5).
Ma durò poco perché per una di quelle inspiegabili risoluzioni politiche impregnate di modernismo tout court, nello stesso 1959 si decise di sostituire il singolare lastrico-selciato con degli anonimi sampietrini. E sorte addirittura peggiore toccò ai marciapiedi dai quali sparirono gli esagoni, i rombi e i ciottoli bicolori per far posto alle attuali, inqualificabili, piastrelle rosse. L’unica innovazione significativa di quella sciagurata trasformazione, in definitiva, fu rappresentata dalla perimetrazione ellittica delle buche degli alberi, ottenuta con curvi conci di pietra calcarea, che sostituì i vecchi quadrati in cemento.
In questa immagine di fine 1959 (foto 6) la Strata longa è un cantiere aperto:
la vecchia pavimentazione è già stata eliminata (le lastre di pietra calcarea sicuramente vendute di soppiatto a qualche costruttore di ville lungo la costa), sono state costruite le nuove cunette e i bordi dei marciapiedi, entrambi in pietra calcarea. Il fondo stradale, che si trova a un livello più basso rispetto a quello delle cunette, testimonia che il battuto in cemento non è stato ancora selciato coi sampietrini. Sui marciapiedi si possono notare le ellissi in pietra calcarea già costruite attorno agli oleandri ma anche le smembrate figure geometriche che rendono assai bene l’idea dell’agonia di un’epoca che se ne sta andando.
Continua…..