La situazione sanitaria nel comprensorio. Se ne parlerà a Castelbuono domenica 20 marzo 2022
Il diritto alla salute, sancito dall’articolo 32 della costituzione, va garantito a tutti i cittadini in tutte le sue forme: prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, a prescindere dalla localizzazione geografica e dalle condizioni socioeconomiche.
Il Servizio Sanitario Regionale non è più in condizioni di garantire questo diritto, soprattutto nelle regioni del sud dove la sanità è intrisa di clientelismo e malaffare che distraggono le risorse pubbliche dal loro fine principale: garantire il diritto alla salute a TUTTI.
La spesa regionale per la migrazione sanitaria a favore di altre regioni conferma che sempre più spesso i cittadini siciliani per potere usufruire di cure adeguate devono ricorrere alle strutture di altre regioni; se questo non è un grande danno per le classi sociali più ricche, sicuramente penalizza i meno abbienti costringendoli ad una sanità di serie B.
Infatti, le statistiche sulla mortalità ci dicono che la vita media nelle regioni del sud è di circa 4 anni più breve delle regioni del nord proprio per questo divario sull’efficienza del servizio sanitario.
Il PNRR definisce con la missione 6 la nascita delle Centrali Operative Territoriali (COT), delle Case di Comunità CDC, e degli Ospedali di Comunità (ODC), che per quanto importanti, da sole non sono sufficienti a garantire a tutti i cittadini il diritto alla cura a tutti ; offre però l’occasione per verificare e ragionare sull’organizzazione del SSN in Sicilia: come vengono impiegate le risorse, dove sono le maggiori inefficienze e gli sprechi, e quali sono le carenze dell’organizzazione sanitaria.
Bisogna trovare nuovi modelli produttivi, affinché il diritto alla salute venga garantito, in modo professionale ed etico, in tutto il territorio siciliano ed a tutti i siciliani.
É di qualche giorno fa un documento delle organizzazioni sindacali dei medici ospedalieri dove vengono analiticamente denunziate tutte le anomalie dell’ASP di Palermo, Azienda che gestisce la Sanità del territorio delle Madonie e dell’Imera.
Sulla stessa insistono tre strutture ospedaliere, due delle quali versano in stato di abbandono. Come si legge nel documento, “non viene … assegnata la sede e l’unità operativa nel contratto individuale dei medici e non vengono proposte tutte le sedi vacanti sia all’assunzione sia nelle mobilità”; è chiaro che ciò nelle aree marginali dell’ASP comporta la mancanza di medici nei reparti. Inoltre, sempre nella stessa nota sindacale, si sottolinea come “per l’affidamento degli incarichi di UUOOSS, sono state segnalate le numerose difformità per i criteri di partecipazione, alquanto eterogenei e discrezionali rispetto a quanto previsto dal CCNL e dal regolamento interno”. Si sa che non sempre la discrezionalità e l’eterogeneità di criteri sono indice di perseguimento dell’interesse pubblico e di imparzialità. E ancora: “mentre i vincitori della mobilità intra aziendale su posti vacanti, attivata da regolari bandi per profili professionali, aspettano ancora di conoscere i posti e di essere convocati, centinaia di spostamenti sono stati autorizzati nella completa inosservanza delle norme e del regolamento aziendale”: anche qua le ricadute negative sono per il personale che confida nel rispetto delle regole, ma ancor di più per i cittadini che si ritrovano sempre più spesso di fronte a sedi vacanti. Infine, sempre citando lo stesso documento, “Non sono state avviate le procedure di mobilità in entrata di cui all’art. 30 comma 2 del Dlgs 164/2001 da riservare a tutto il personale comandato o in assegnazione che lavora nell’ASP di Palermo, infermieri, OSS, ostetrici, tecnici e medici presenti prima e durante l’emergenza Covid, ai quali si nega la possibilità di essere assunti prioritariamente e che saranno costretti a riprendere servizio presso le aziende di provenienza (del Nord) perdendo importanti professionalità acquisite nel tempo. Altresì si registra la notevole lentezza delle procedure di stabilizzazione”: anche qua sono evidenti gli effetti negativi di questo modo di agire, oltre che per i lavoratori della sanità, anche e soprattutto per l’utenza. Ciliegina sulla torta, “l’impennata dei concorsi a tempo indeterminato in ruoli non essenziali per i LEA”: nel merito ci asteniamo dal commentare.
Inoltre, i reparti sono fatiscenti, e non solo non garantiscono livelli adeguati di efficienza, ma espongono gli operatori a un notevole rischio clinico, le liste d’attesa sono interminabili, e i pazienti sono sempre più spesso costretti a ricorrere ai privati, pagando paradossalmente due volte le prestazioni: prima con i tributi che finanziano il SSN, e poi con l’onorario al professionista, a volte con regolare fattura e a volte chissà. Un terzo ospedale considerato d’eccellenza, l’ospedale Giglio, gestito da una fondazione che una recente requisitoria del procuratore generale della corte dei conti così definiva: “la fondazione Giglio la cui gestione e condizione giuridica, per espressa ammissione dello stesso Assessore alla Salute in sede di audizione, resta parecchio nebulosa alla stessa amministrazione regionale.” E poi continua: “la norma in virtù della quale è stata originariamente istituita la fondazione stabiliva che le regioni autorizzassero programmi di sperimentazione aventi ad oggetto nuovi modelli gestionali che prevedessero forme di collaborazione tra strutture del SSN e soggetti privati, anche attraverso la costituzione di società miste… La stessa norma prevedeva che al di fuori dei programmi di sperimentazione ivi previsti fosse fatto divieto alle aziende del SSN di costituire società di capitali aventi per oggetto sociale lo svolgimento di compiti diretti di tutela della salute…” E infine sempre la corte conclude: “Un centro di costo, in sintesi, fuori da perimetro normativo e privo di effettivi controlli da parte della regione e dell’ASP, come ammesso in sede di audizione sia dall’assessore alla salute sia dal DG dell’ASP.”
In merito alle suddette problematiche si chiede prioritariamente:
– di ripristinare la normale efficienza degli ospedali di Termini e Petralia attivando davvero i reparti e servizi previsti dalla normativa regionale, e adeguando gli organici del personale medico e paramedico.
– effettuare un puntuale controllo sui servizi della medicina del territorio, prima di tutto assegnando i medici di base previsti, migliorando ed organizzando nel migliore dei modi i poliambulatori, adeguando le branche specialistiche alle esigenze della popolazione, e controllando che le società che svolgono le attività in convenzione tipo Assistenza domiciliare integrata offrano standard qualitativi adeguati delle prestazioni senza ritardi ed inefficienze.
In tale contesto di analisi e di denunzia delle innumerevoli carenze organizzative riscontrate e dai vuoti di organico relativi al personale medico (e non dell’ASP) condividiamo appieno il documento assunto unitariamente dalle organizzazioni sanitarie della dirigenza medica e della funzione pubblica della provincia di Palermo del 4 marzo, inviato al DG dell’ASP dott. Faraoni e all’Assessore Ruggero Razza.
– che per la fondazione Giglio sia intrapreso un percorso che riporti la struttura all’interno del perimetro normativo vigente, in modo che tutte quelle anomalie che la rendono un gigante dai piedi di argilla vengano rimosse nel più breve tempo possibile e l’ospedale possa procedere nel senso della qualità e dell’efficienza e continuare ad offrire senza pericoli di sorta il servizio alla popolazione.
La sanità deve essere pubblica, solo così può avere un valore sociale, potrà garantire la presa in carico dei cittadini, occuparsi della sicurezza, della qualità dell’ambiente, della salubrità dei luoghi di lavoro, fare prevenzione e garantire una medicina ospedaliera di qualità.
L’attuale organizzazione costringe chi ha bisogno di cure a rivolgersi alle strutture cittadine, e spostarsi nel capoluogo, con gravi disagi, costi economici, rischi, maggiore inquinamento e congestione delle strutture sanitarie della città
Serve una equa distribuzione delle strutture ospedaliere nel territorio, in modo che sia quanto più possibile la sanità ad avvicinarsi ai cittadini e non viceversa, cosa peraltro prevista dalle misure del PNRR, anche attraverso la digitalizzazione dei servizi.
Le lunghe liste di attesa per le visite specialistiche e la diagnostica, e per i ricoveri, la viabilità dissestata, la carenza di servizi pubblici, sono di fatto una palese violazione del principio di eguaglianza sancito dalla nostra Costituzione, discriminando pesantemente i più deboli economicamente e socialmente.
Proponiamo pertanto una gestione integrata dei tre ospedali pubblici di Termini Imerese, Petralia e Cefalù, sul modello Hub and Spoke, con una missione specifica per ognuno sulla base dei dati epidemiologici, in modo che si facciano economie anche evitando servizi ridondanti.
La recente convenzione tra l’ASP di Palermo e la fondazione Giglio è il classico esempio di spreco di denaro pubblico, in cui con una somma sufficiente all’assunzione di 5 unità di personale medico si “compra” un servizio di sei mesi in cui non è neanche spiegato quali prestazioni vengano offerte e non si dà alcuna prospettiva a lungo termine di mantenimento del servizio o di stabilizzazione delle risorse.
Vanno invece espletati i concorsi pubblici evitando tutte quelle anomali segnalate dai sindacati medici che in ultima analisi rendono sfavorevoli le strutture periferiche soprattutto in un periodo in cui si ha la mancanza di medici specialisti, i quali vanno incentivati soprattutto se prestano la loro opera in strutture periferiche.
Serve un piano sanitario regionale dove vengano decentrati anche strutture e servizi di alta specializzazione.
La politica Palermo-centrica non consente la presenza delle istituzioni nel territorio della provincia e in particolare sulle Madonie.
La periferia dell’impero viene sempre dopo aver soddisfatto i bisogni del centro, e così la carenza di personale, di tecnologie, di reparti ad alta specializzazione sono la regola per gli ospedali della provincia.
Se le istituzioni tutte non vengono percepite vicine e amiche anche in provincia aumenterà lo spopolamento dei territori dell’entroterra, con il conseguente affollamento e congestionamento della struttura della città e di conseguenza anche della viabilità e così facendo si allontaneranno sempre più i cittadini dalle istituzioni.
Insomma, l’emergenza sanitaria nel comprensorio Madonie-Imera assume sempre di più i connotati di un’emergenza demografica e democratica.
È ora di cambiare. Tutto.