Michele Lupo Gentile, un castelbuonese che (NON) si è distinto abbastanza
Nei giorni scorsi il polifunzionale sindaco, nello specifico ruolo di più alto in grado di storia & memoria, ha dispensato, con la ieraticità propria del sacerdote, “dei provvedimenti amministrativi per ricordare i concittadini che si sono distinti nella politica, nel mondo della scuola, nell’impegno sociale e religioso”. E fa precedere questa determina da una delle sue massime che aspirano alla memoria eterna secondo la quale “una comunità si qualifica quando riesce ad identificarsi con la propria storia”. Ora è ampiamente dimostrato che il nostro paese da un po’ di tempo non ha più alcuna memoria storica, ragione per la quale non ha con che cosa identificarsi e quindi mal si qualifica. Anzi malissimo.
Diciamo questo perché Castelbuono ha dato i natali a tantissimi cittadini che si sono distinti (e si distinguono) in tanti campi e tuttavia sono clamorosamente dimenticati. Succede, in una comunità che sta sgretolandosi, sta succedendo nella nostra. Che il polifunzionale sindaco non conosca questi illustri figli di Castelbuono è di poco interesse ma non sarà certamente il suo non sapere che potrà sotterrare il SAPERE e il lustro di questi grandi figli di Castelbuono.
Nel tentativo di sollevarli dall’oblio, presenteremo una serie di negletti figli di Castelbuono partendo da Michele Lupo Gentile, nato in via Petagna all’attuale civico 29, studente alla Scuola Normale Superiore di Pisa, docente di Storia dapprima negli Istituti Superiori, poi nelle Università di Pisa e Urbino. Uno che ha all’attivo più di 220 pubblicazioni. Non proprio una bazzecola.
Lo facciamo presentando i Ricordi di un ex Normalista, “frammenti di memoria” raccolti dapprima in opuscolo e ora pubblicati nel numero di Dicembre 2020 di Mediterranea – Ricerche storiche.
Nella puntata odierna pubblichiamo la significativa prefazione del prof. Orazio Cancila, le prossime due puntate, saranno dedicate al capitolo in cui questo illustre figlio del nostro paese snocciola i suoi anni compresi fra l’infanzia e la primissima adolescenza nel quartiere Sant’Anna, nei pressi dû Canalìeddru, e a quello in cui descrive la pittoresca villeggiatura ai Pedagni, negli anni Novanta dell’Ottocento, in quella casa che tutti almeno una volta ci siamo fermati ad ammirare, se non altro per il suo carattere austero e monumentale nello stesso tempo, che sembra porla sotto l’egida della “montagna vecchia”.
Ricordi di un ex Normalista – Prefazione di Orazio Cancila
Nella ricerca di fonti per la ricostruzione storica dei settecento anni di Castelbuono […] mi sono imbattuto in una raccolta di memorie di tale don Camillo ‒ dietro il quale si nasconde Michele Lupo Gentile ‒ pubblicate […] nell’opuscolo Ricordi di vita goliardica di un ex normalista […]. Mi fa molto piacere riproporle per l’interesse che rivestono soprattutto le pagine sulla Scuola Normale Superiore di Pisa nei primi anni del Ventesimo secolo, scarsamente conosciuti dato che l’interesse degli storici si è concentrato soprattutto sugli anni successivi alla prima guerra mondiale.
Michele era nato a Castelbuono alle ore 4,15 del 7 gennaio 1880, «nella casa posta in quartiere S. Anna al numero undici, da Gentile Concetta, donna di casa, moglie di Lupo Lorenzo, industrioso». I Gentile, presenti a Castelbuono dalla fine del Cinquecento provenienti da Geraci, non avevano mai ricoperto ruoli importanti nel paese: è significativo che nella famiglia non ci fossero mai stati sacerdoti. […]
Il padre mastro Lorenzo Lupo apparteneva a una famiglia benestante da diverse generazioni. Non è chiaro quale fosse esattamente il suo mestiere. Il termine “industrioso”, ancora in uso a Castelbuono sino agli anni Cinquanta per le indicazioni del mestiere di alcuni candidati alle elezioni municipali, si usava proprio quando non si riusciva a individuare con esattezza l’attività prevalente oppure quando si voleva coprire l’esercizio di un mestiere poco nobile. Ritengo che mastro Lorenzo, analfabeta, fosse impegnato soprattutto nell’allevamento del bestiame e forse anche nella compravendita di prodotti della pastorizia. Nel settore del commercio della manna risulterà più tardi impegnato con successo a Messina il figlio maggiore Antonio. Degli altri figli, Giuseppe operò soprattutto a Palermo nella gestione di una rivendita di tabacchi (nel maggio 1927 partecipò alla costituzione della società “Mannite Castelbuono”); Francesco trovò occupazione nelle ferrovie in provincia di Catania, raggiungendo il grado di capostazione; Vincenzo, l’unico rimasto in paese, continuò l’attività paterna.
Fratello di mastro Lorenzo era il sacerdote Michele Lupo (1839-1926), un tipo tosto, che non si era lasciato intimorire dalla scomunica papale per gli acquirenti dei beni ecclesiastici incamerati dallo Stato e nel 1870 aveva acquisito in enfiteusi all’asta un lotto di terreno appartenuto al soppresso monastero di Santa Venera; nel 1908 era eletto consigliere comunale. Non sappiamo se intanto avesse ricucito i suoi rapporti con i fratelli Giuseppe e Antonio e con le sorelle Lucrezia e Vincenza, che nel testamento del 17 giugno 1885 aveva escluso con parole di fuoco dalla sua eredità, a totale favore del fratello mastro Lorenzo, con la raccomandazione «che coi prodotti della mia raccolta eredità s’impegni riuscire ad una professione uno dei suoi figli maschi», che nelle sue intenzioni doveva essere proprio il nostro Michele, il nipote più caro almeno sino al 1900, quando si rifiutò di entrare in seminario optando per il concorso per l’accesso alla Scuola Normale.
In occasione del battesimo di Michele, l’8 gennaio 1880, la rottura con la sorella Lucrezia non era ancora avvenuta, perché il sacramento fu impartito da don Michele con Lucrezia che fungeva da madrina e il marito Paolo Spallino da padrino. Lucrezia e Paolo erano sposati da pochi mesi (settembre 1879) e il matrimonio era stato celebrato nella chiesetta del Monte Calvario, vicinissima alle abitazioni delle due famiglie, proprio da don Michele. Spallino era un commerciante (formaggio, manna, olio) in grandissima ascesa: alcuni decenni dopo acquistò da un nobile in forte decadenza il più bel palazzo del paese e il sindaco lo indicava come il “Creso del circondario”. Il figlio Antonio Spallino sarà sindaco di Castelbuono nel 1920-21, assassinato da pregiudicati locali e a lungo rimpianto dalla popolazione.
La nonna paterna di Michele, Rosa Mogavero, apparteneva a una famiglia molto nota a Castelbuono. Era sorella di Nicasio Mogavero (1821-1887), laureato in legge, che nel 1856-60 era stato sindaco del paese, fece parte successivamente del Consiglio comunale nell’ottobre 1860, nel novembre 1861, nel 1864 e ininterrottamente dal 1872 al 1880; diede infine alle stampe nel 1864 il poemetto in cinque canti Giuseppe Garibaldi – che gli valse «ammirazione e gratitudine» da parte dell’eroe – cui seguirono il poema in dieci canti Giuseppe Garibaldi nel 1869, un’ode a Giovanni Nicotera nel 1877, la canzone Per la morte di Vittorio Emanuele II nel 1878 e la canzone In morte di Giuseppe Garibaldi del 1882. Sulla base del ruolo dell’imposta di famiglia, il dottor Mogavero, con un’imposta di 30 lire, nel 1873 si collocava al quarto posto per ricchezza, unitamente ad altri cinque contribuenti. Castelbuono gli ha dedicato meritatamente una via cittadina.
Michele Lupo Gentile ricorda che, ottenuta la licenza elementare, si trasferì a Cefalù per frequentare il ginnasio e poi il liceo, conseguendo la maturità classica nel 1900. Il Liceo-ginnasio di Cefalù era stato inaugurato l’1 novembre 1890 e soltanto il 14 maggio 1895, mentre Michele lo frequentava, era riuscito ad avere finalmente il decreto ministeriale della parifica. Il corso di studi aveva allora la durata di quattro anni più due di un biennio preparatorio. In tutto sei anni. Poiché nel 1900, quando conseguì la maturità classica, Michele aveva venti anni, è da ritenere che la sua iscrizione al Liceo-ginnasio sia avvenuta nell’anno scolastico 1894-95. Cefalù dista da Castelbuono 20 chilometri di strada, ma allora si raggiungeva più facilmente a dorso di mulo o con un carro piuttosto che con la carrozza postale trainata da tre cavalli, in esercizio giornaliero dal 1871, che oltre alla corrispondenza poteva trasportare anche quattro passeggeri con bagaglio gratuito di peso non superiore a 20 chilogrammi per ciascuno.
Per quelle partenze dei ragazzi, che andavano a studiare a Cefalù ‒ ricorderà più tardi Michele Maria Tumminelli, che nel 1906 si era iscritto al Liceo-ginnasio di Cefalù ‒, il carro attrezzato era più comodo e soddisfacente della corriera [trainata da cavalli]. Lo studente portava con sé la cassetta del corredo e dei libri, il letto, il tavolino, la sedia, il lume a petrolio. Era tutto. Lasciava la famiglia con quella suppellettile essenziale e con il bagaglio morale di ragazzo di montagna che andava a studiare fuori paese, con sacrifizio della famiglia, ma, soprattutto, con la volontà di non deludere e di arrivare … Quel costume semplice e quella libertà, con il solo limite dell’autodisciplina, erano la grande forza educativa di quei ragazzi. E raramente ne falliva qualcuno.
Michele Lupo Gentile fu tra quelli che non fallirono. La maturità classica, grazie ai brillanti risultati conseguiti nel corso di studio, fu superata con la dispensa dagli esami: «il Consiglio degli Insegnanti del Liceo di Cefalù, nell’adunanza del 30 giugno del 1900, vedute le classificazioni assegnate nel corso liceale dell’alunno signor Lupo Michele, figlio di Lorenzo, nato a Castelbuono addì 7 gennaio 1880, veduto l’articolo 2 del R. Decreto 14 settembre 1898, n, 432, dispensa il predetto alunno dall’esame per tutte le materie e gli conferma il presente diploma di Licenza d’Onore». E a Pisa, la sua dissertazione di laurea, discussa nel luglio 1904, fu approvata a pieni voti e con dignità di stampa da una commissione costituita dai professori Alessandro Paoli (presidente, storia della filosofia), Francesco Zambaldi (letteratura greca), Giovanni Pascoli (grammatica greca e latina) [ed altri] […].
Due anni dopo, la tesi di laurea fu pubblicata dagli «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di Lettere e Filosofia», vol. 19 (1906) pp. 3-163, con il titolo di Studi sulla storiografia fiorentina alla corte di Cosimo I de’ Medici, più volte ristampati nei decenni successivi e oggi reperibili anche online.
Docente nel ginnasio di Sarzana (1905-1908) e successivamente, come vincitore di concorso, negli Istituti superiori di Urbino, Palermo e Pisa, nel 1915 si arruolò volontario (era già padre di due figli) e prestò servizio come ufficiale (sottotenente di fanteria di complemento) in Libia, da dove fu rimpatriato nel 1917 a causa di alcune malattie (paralisi facciale e oligoemia) […].
Nel 1932 conseguì la libera docenza in Storia medievale e moderna, che nel 1938 ‒ su proposta di una commissione costituita dai professori G.B. Picotti, Carlo Morandi e Giuseppe Caraci ‒ gli fu confermata dal Consiglio della Facoltà di Lettere dell’Università di Pisa, dove egli negli anni precedenti aveva tenuto annualmente corsi liberi di Storia medievale e moderna con risultati soddisfacenti. Per due volte, ottenne la maturità nel concorso a cattedra di Storia medievale e moderna presso l’Università di Palermo e nel concorso a una cattedra di Storia nel R. Istituto di Magistero di Urbino. Nel 1939-40, l’Università di Pisa gli conferì l’incarico dell’insegnamento di Storia coloniale e negli anni accademici successivi di Storia moderna nella Facoltà di Scienze Politiche, insegnamento tenuto sino al gennaio 1959, alla vigilia della morte avvenuta nel maggio successivo.