Nel polverone sollevato dalla toponomastica emergono Via Sant’Anna e Piazza Castello intitolate al coccodrillo
(Di Massimo Genchi) – Nei giorni scorsi, stando alle voci social, il coccodrillo sarebbe stato preso d’assalto e verbalmente ridotto a mal partito da numerosi cittadini, giustamente inferociti nell’apprendere che è sua intenzione stravolgere la denominazione delle strade, notizia diffusa a mezzo della solita nota che egli suole definire lettera aperta. Certo, dal momento che si esprime come un libro chiuso almeno tenta di rifarsi arronzando lettere aperte.
Con quella dell’altro ieri, afferma di volere affrontare e finalmente risolvere il terribile problema degli indirizzi e dei recapiti, soprattutto nelle contrade. E naturalmente lo fa a modo suo, senza alcun criterio. Ora, per evitare di farvi raggirare badate che coccodrillo delle strade urbane, e soprattutto extraurbane, non gliene frega un niente. Basta osservare lo stato di manutenzione e di pulizia in cui le mantiene. Le une e le altre.
Questo polverone toponomastico che vuole sollevare serve, oltre a creare un mare di disagi, inutili spese economiche e confusione a tutti i cittadini, a bruciare inutilmente altri soldi nostri, affidando la risoluzione di un problema da niente, a una ditta iperspecializzata. Il perché, naturalmente, è chiaro. Il coccodrillo, però, bisogna tenere presente che pensa sempre e solo in grande: autoparco, centri commerciali, cosi, cunti, peccato che i prodotti delle sue mirabolanti pensate siano stati sempre dei solenni fiaschi.
Certo l’affidamento a una ditta esterna è una cosa che lascia pensare, tenendo anche conto della partenza nfuriata del coccodrillo, la qual cosa lascia presagire che nessuno lo fermerà. Dunque, Màchina curri! Prepariamoci a sentirne delle belle nell’immediato futuro.
Ma, dico, non è che fra la «revisione e il rifacimento della toponomastica e della numerazione civica urbana e extra urbana», il coccodrillo nasconde anche il tragico proposito di sostituire tutte le vecchie targhe di maiolica, di rara bellezza e pregio, messe a dimora nel 1882? No, perché essendo noto il suo senso del bello e del gusto, c’è da temerlo. Ma poi, perché si dovrebbero cambiare anche i numeri civici, pagandoli di tasca nostra per giunta? Perché dovete sapere fin da ora che i costi di questa sua bizzarra trovata li pagheremo noi, direttamente o nelle forme più diverse.
Che questa annunciata rivoluzione odonomastica promani odore di gatto morto, si capisce già al secondo rigo della letterina. Infatti, dopo la lacrimosa premessa con cui cerca di ingraziarsi quei cittadini che hanno problemi di ricezione della corrispondenza o difficoltà a essere raggiunti presso il loro domicilio extraurbano, a seguire rifila la notizia dell’incarico alla ditta specializzata, un’altra delle sue buone pratiche, per arrivare quindi al succo della questione: il cambio di denominazione delle strade urbane. Che, però, un nome ce l’hanno già. Ed è proprio in queste strade e nei suoi fermi propositi di rinominarle a suo modo e convenienza che risiede la ragione di questa lettera aperta.
A suo modo, perché parla in prima persona, dopo avere pensato e deciso tutto da solo, come sempre. Si apprende, allora, che Umberto I viene soppresso perché assieme agli altri Savoia «poco hanno dato alla nostra comunità, alla crescita economica e sociale del nostro paese». Invece Luigi Tenco, imposto a suo tempo dal coccodrillo, ha dato molto alla nostra comunità in termini di crescita economica e sociale. Ma, come sempre accade quando c’è lui di mezzo, le bugie hanno le gambe corte e, in effetti, le gambe del coccodrillo corte lo sono davvero.
La cosa buffa, però, è che Via Umberto I deve essere sostituita con Via Mariano Raimondi, che già esiste, per il sadico piacere del coccodrillo di creare grande confusione e disguidi nella gente, che diversamente da lui, ha un sacco di pensieri da risolvere nel quotidiano che lui, profumatamente stipendiato fisso, non può capire neppure pallidamente. Per dire del raziocinio che soggiace alla proposta del nostro alligatore, quando si decise di cambiare Via San Leonardo in Via Mariano Raimondi, la scelta non fu casuale ma mirata, dato che in quella strada il sindaco Raimondi vi era nato, vissuto e morto e in essa svolse la sua attività di commerciante. Senza dimenticare che fu proprio dal balcone di casa sua che partecipò alla folla accorsa fin sotto casa, che il castello era dei castelbuonesi. Ma cosa diavolo c’entra Mariano Raimondi con la chiazza? Ma qual è il senso di cotanta confusione che si deve creare nell’ordine mentale della gente che da sempre sa la Via Mariano Raimondi ubicata fra la Piazzetta e san Leonardo.
Così come non si capisce perché la via dedicata al partigiano Carabillò, debba prolungarsi anche a valle della chiazzetta. Ma perché? Con questo criterio, se Castelbuono avesse avuto un capo partigiano, che ne so, Pompeo Colajanni, avremmo dovuto tributargli tutta la statale 286? Ma come si fa?
Continuando a leggere, si apprende che «questa è anche l’occasione per sanare tutte quelle strade che abbiamo rinominato». Perché voi sappiate, il coccodrillo nel corso del suo ventennio è stato capace solo di prelevare nomi, di soppiatto, da uno studio realizzato da una commissione istituita dal sindaco Ciolino di cui facevano parte, oltre allo stesso sindaco, nove persone esterne al consiglio e all’amministrazione. Non solo il coccodrillo, anche la commissione consiliare attiva attorno al 2010/2012 ha attinto abbondantemente a quello studio, modificandolo solo in pochissimi nomi e proposte, senza peraltro avere avvertito mai il dovere di citarlo, bontà sua. Ma tant’è.
Oggi la rivoluzione toponomastica lanciata dal coccodrillo ha fra i suoi principali obiettivi quello di «eliminare le discrepanze tra il nome reale della strada e quello che viene tradizionalmente utilizzato».
Ma cosa diavolo sta dicendo? Ma davvero lui pensa che la gente, solo perché lo ordina lui, o un altro, smetterà di parlare di Strata longa e dirà via Carabillò? Sarebbe il caso di ricordare che ancora, a quasi cento anni dal cambiamento di Via Fiera in Via Roma, la gente continua a dire Rrua fera, fregandosene della discrepanza. Così come, dal 1882, Via Li Volsi non si è mai imposta su Strata ranni, allo stesso modo neppure la grandezza di Minà Palumbo è riuscita a scalfire la vitalità del toponimo Chiazzetta. Nel comune sentire, poi, strata nova ha surclassato gli Umberto, nonno e nipote, perché in pochi hanno veramente realizzato quale fosse la strada dedicata all’uno e quale all’altro.
La Strata nova, dunque. In questa lettera aperta, il coccodrillo (e mai come in questo frangente nome fu più appropriato) si supera. Con la lacrima da coccodrillo che tracima lenta dall’estremità dell’occhio, il cuore stretto e un nodo in gola fa sapere che questa strada verrà intitolata all’amico suo carissimo di sempre, Lucio Spallino.
Degli affettuosissimi rapporti di una vita del coccodrillo con Lucio Spallino ho già scritto e, prima di andare avanti, sarebbe necessario rileggere quello scritto cliccando qui. Lucio fu un grande assessore e un grande politico, per dipingerlo basterebbe dire che era l’esatto contrario del coccodrillo: parsimonioso, equilibrato, metodico, riflessivo, scrupoloso, portato ad ascoltare suggerimenti e critiche. Con Lucio assessore ai lavori pubblici si realizzò il depuratore, il collettore fognario, il macello, la separazione delle acque bianche dalle nere, il liceo, il recupero di san Francesco, il recupero e il restauro del castello, la circonvallazione est e si potrebbe continuare a lungo.
Lucio era anche particolarmente abile a incunearsi fra le pieghe dei bilanci e degli atti contabili. E siccome era uno stakanovista, si rinchiuse negli uffici per un tempo incalcolabile con il ragioniere capo di allora, Massimo Bonomo, e, pratica dietro pratica, individuarono una enorme quantità di denaro relativo a somme impegnate e mai spese, riuscendo così a raggranellare una ingente quantità di denaro: un tesoretto. Che in un niente venne bruciato in cuddruri fritti, pani cunzatu, ricotti saliprisi e altre stravaganze della stessa tipologia. Chi fu l’artefice di ciò, chiunque lo capisce.
La cosa che qui più importa sottolineare è che Lucio aveva la preparazione e la statura politica per tenere testa al coccodrillo, benché gli rendesse almeno trenta centimetri in altezza. E qui ometto di dire ciò che invece andrebbe detto.
Dato che il coccodrillo si innervosisce notevolmente se sul suo percorso trova gente in grado di ostacolarlo nei propositi o di fare ombra al suo smisurato egocentrismo, il suo obiettivo primario nel periodo 1993-1998 fu quello di gettare discredito e fango su Lucio Spallino e sul suo operato di assessore servendosi dei mezzi più subdoli e meschini, compreso ordinare reportage fotografici sulla costruenda circonvallazione est per mostrarli in consiglio, dai banchi della stessa parte politica, per evidenziarne difetti e cominciare così a demolirlo per chiederne le dimissioni da assessore che, spingi oggi, urla domani, alla fine arrivarono. L’odierno commemoratore, che da coccodrillo ne tesse le lodi, finalmente, era riuscito nel suo intento di fare fuori il suo nemico giurato di sempre.
Oggi, da coccodrillo e da grande ipocrita qual è parla di Lucio come «amministratore e politico che mise al centro il rispetto dell’ambiente, del territorio, e la valorizzazione del patrimonio monumentale e culturale». Dopo averlo combattuto usando ogni tipo di arma.
Saranno in molti a non volerlo sentire dire ma, piaccia o no, se il castello è ancora in piedi è merito di Lucio che salvò il finanziamento in zona Cesarini, quarantott’ore prima che si perdesse, alla vigilia di un ferragosto della prima metà degli anni Novanta. Fu così che, finalmente, cominciarono i lavori di restauro. E si conclusero.
All’indomani della sua morte, nel 2007, fu lanciata una petizione non per l’intitolazione di una strada ma, semplicemente, per l’apposizione di una targa all’interno del castello a ricordo dei suoi meriti in quella lunghissima vicenda di pura passione civica e politica. La petizione fu consegnata al sindaco dell’epoca (lo stesso che oggi cerca di sciacquarsi la coscienza dicendo di volergli intitolare una strada) il quale rispose nel modo che voi stessi potete leggere cliccando qui. Non è il caso di perdersi in parole quando si è davanti a uno capace di cotanta doppiezza.
A seguito di questa risposta dolcificata e falsamente ecumenica, traducendo la quale viene fuori la vera risposta: «potete crepare!», alcuni amici di Lucio, abbastanza piccati da questa palese vendetta a posteriori del suo nemico di sempre, fecero produrre una targa in ceramica e, nottetempo, la murarono sul prospetto nord del castello. Il sindaco dell’epoca (sempre lo stesso) per interposte persone, sporse denunzia verso ignoti, che tanto ignoti non erano, visto che furono individuati subito e non ebbero nessun motivo di negare, anzi. Certo, oggi il coccodrillo dirà che non è stato lui a denunziare né a suggerire di sporgere denunzia. Così come avviene in tanti atti amministrativi di questo comune dove, come nelle migliori famiglie, a sporcarsi le mani è sempre qualcun altro.
Tutto ciò premesso, la sortita del coccodrillo dei giorni scorsi non è un tardivo riconoscimento di ciò che Lucio Spallino, da amministratore, ha fatto per questo paese ma solo un miserabile tentativo di tappare la bocca a una ben determinata parte politica, nella quale certo si ritroverebbe Lucio se fosse in vita. Ma lo stratagemma è polifunzionale. Come la vergogna da lui voluta e perseguita nel teatro Le Fontanelle. Polifunzionale perché questo falso riconoscimento sarà utilizzato con altri, per altri scopi. In buona sostanza, si registra che il nome e la memoria di Lucio si vorrebbero utilizzare per subliminale baratto, che del nome e della memoria di Lucio si sta facendo mercimonio, che Lucio viene mortificato anche da morto. Tutto questo fa schifo!