Per i 100 anni dell’uccisione di Giacomo Matteotti . Intervento dell’avv. Mario Lupo con annesso componimento di Vincenzo Baggesi
(Di Mario Lupo) – Cento anni fa fu ucciso dai fascisti l’on. Giacomo Matteotti, deputato socialista che aveva osato denunziare le violenze e i brogli elettorali compiuti proprio dai fascisti nelle elezioni del 6 aprile 1924.
L’omicidio avvenne il 10 giugno e il corpo fu ritrovato il 16 agosto di quell’anno.
Il feroce delitto suscitò una generale indignazione, mettendo a rischio la leadership di Mussolini che però fu salvato dal voto di fiducia del Senato.
Voglio ricordare il delittuoso avvenimento riportando qui di seguito il forte componimento poetico che “il fabbro ferraio Baggesi Vincenzo da Castelbuono” (così amava firmarsi) pubblicò nella prima pagina del numero 14 del 20 luglio 1924 de “il bancarello” (il giornale fondato da mio padre nel 1921, intitolato dal 1935 “L’Eco delle Madonie”, con “il bancarello” come sottotitolo, e dal 1947 fino al 2019, quando cessò la pubblicazione, intitolato “Le Madonie”, sempre con il sottotitolo “il bancarello”).
Vincenzo Baggesi, artigiano di grande bravura, dotato di una buona cultura per quei tempi, favorito dall’avere compiuto studi superiori, fu un sensibilissimo, profondo, poeta popolare, in lingua e in dialetto, che, si può dire numero dopo numero, dal 1921 e fino alla sua morte avvenuta nel 1934, arricchì le pagine de “il bancarello”, dedicando suoi componimenti ai vari eventi cittadini.
Meriterebbe un riconoscimento pubblico, anche con la pubblicazione della raccolta del suoi componimenti poetici.
Tornando al componimento per l’uccisione dell’on. Matteotti, si noterà come Baggesi, pur definendosi nel titolo “simpatizzante del fascismo”, non abbia risparmiato di denunziare l’appartenenza, anche di alto livello, degli assassini a quel partito.
AMAREZZE
L’INDIGNAZIONE SPASSIONATA E SINCERA
di un simpatizzante del Fascismo
contro gli assassini dell’ON. MATTEOTTI
O belva umana, quanto sei corrotta
crudele e ributtante!
O Italia nostra come sei ridotta
sfregiata e sanguinante!
Perché ti vedo cinta di gramaglia
depressa e avvilita?
Che ne facesti della seta e faglia
ond’eri rivestita?
Si vede ben che un pugno d’assassini
con mano scellerata
Per arricchirsi ed intascar quattrini
ti hanno deturpata!
E dir che in mezzo a quei degenerati
vi son degli elementi
Che per sventura vennero elevati
a cariche eminenti!
Ed a cagion di questi forsennati
e putride carogne
I membri del partito più illibati
risenton le vergogne!
Quei bruti dopo avere consumato
delitti ininterrotti,
Adesso da vigliacchi han pugnalato
l’illustre Matteotti.
O barbari Neroni, o snaturati
sicarii impenitenti,
Credete che saran dimenticati
i martiri innocenti?
Giammai; perché la gente esasperata
per questa gran nequizia,
Reclama che sia presto debellata
la maffia, e l’ingiustizia.
Perché colpire quest’Italia bella
quasi pacificata,
Con questa orribilissima novella
cotanto inaspettata?
E quale uomo onesto, o di partito
di classe e di colore
A quell’annunzio non restò colpito
e immerso nel dolore?
Anzi il partito al quale si appartiene
quel crocchio scellerato,
Ne intese l’onta, il peso, e nelle vene
rimase attossicato.
O vili manigoldi, e qual delitto
commise quel signore?
Con quale coraggio v’arrogaste il dritto
di trapassargli il cuore?
Era un delitto aver dei sentimenti
magari antagonisti
Ai vostri; o averli in tutto differenti
dai ladri e camorristi?
E i figli sventurati, e la consorte,
e quell’afflitta madre!
Qual male han fatto a meritar la morte
del figlio, sposo, e padre?!
Risorgi o Garibaldi, e insegna a questi
volgari malfattori,
Con quale patriottismo tu ottenesti
i meritati allori.
E Pisa, vituperio delle genti
la chiama l’Alighieri,
Per causa dei tiranni e delinquenti
del tipo di Ruggieri.
E noi macchiati al pari dei Pisani
per l’onta già subita
Vogliam che questa feccia d’Italiani
si tolga dalla vita.
Chiedendo al nostro Re e a Mussolini,
che questa svergognata
Masnada, di ladroni ed assassini,
sia subito annientata.
E se quel marcio che ci disonora
un dì verrà estirpato;
L’onor d’Italia, solamente allora,
sarà rivendicato.
Il fabbro ferraio
Baggesi Vincenzo
Da Castelbuono