Quando i fascisti di Cefalù tolsero il cappello a Giacomo Matteotti

(Di Mario Lupo) – Di seguito al mio intervento “Quando a Giacomo Matteotti fu impedito di tenere un comizio a Cefalù”, qui pubblicato l’8 ottobre scorso, ho ricevuto varie sollecitazioni per approfondire la singolare vicenda.

Ho così chiesto aiuto al giornalista e storiografo Giuseppe Spallino (che ha pubblicato nei numeri di luglio e agosto 2012 del giornale “Le Madonie” due ampie trattazioni sui “Socialisti e sorvegliati castelbuonesi durante il fascismo”), il quale mi ha segnalato quanto da lui stesso pubblicato nel volume “Conoscere il territorio: Arte e Storia delle Madonie – Studi in memoria di Nico Marino – nelle pagine 83-87 del “Volume II – Cefalù 2014” e nelle pagine 187-195 del “Volume III – Cefalù 2015”, avvalendosi, tra l’altro, di quanto scritto da Domenico Portera (“Sicilia antifascista” – Misuraca Editore – Cefalù – 1976) e da Pietro Saja (“Così i fascisti tolsero il cappello a Matteotti” in “la Repubblica – sezione Palermo” – 4/3/2005).

Mi limito pertanto a riportare parte di quanto scritto da Giuseppe Spallino su quanto accaduto al socialista Giacomo Matteotti il 23 marzo 1924 a Cefalù, giorno in cui doveva tenervi un comizio in vista delle elezioni del 6 aprile.

«Nella cittadina normanna vi era dunque una larga tradizione libertaria, oltre che cattolica e marxista, di notevole rilievo. Combatte il fascismo a viso aperto il quindicinale L’Idea, giornale fondato da cattolici che annoverò fra i suoi collaboratori il direttore Giuseppe Giardina, Lorenzo Spallino, Giuseppe Giglio, il canonico Luigi Brocato Zito, gente che sin dal 1920 aveva sposato il programma del Partito Popolare di Don Luigi Sturzo. Una voce fuori dal coro destinato alla chiusura, infatti il sottoprefetto Salvatore Leone il 15 agosto 1925 colpiva la testata con un provvedimento di sequestro.

Tra gli articoli che comportarono quest’atto, vi era sicuramente quello di Giardina per denunciare la “fascistizzazione” degli uffici pubblici e soprattutto delle scuole, pubblicato in secondo pagina nel numero del 7 giugno 1925 (…). Cefalù è anche uno dei pochi comuni siciliani dove si forma un gruppo comunista (…). Ma il gruppo più nutrito è senz’altro quello socialista, con Salvatore Antonino Agnello, Enrico Barranco, il barbiere Antonino Culotta, lo studente Gaetano Di Blasi, il possidente e impiegato Rosario Garbo, l’impiegato Andrea Giardina, lo studente Andrea Maggio, il brigadiere postale Castrenze Maggio, il sarto Francesco Maggio, il falegname Salvatore Maggio, il commerciante Salvatore Rosso. Quando il loro leader Matteotti nel marzo del 1924 si recò in Sicilia in vista delle imminenti elezioni di aprile i socialisti di Cefalù decisero di invitarlo nella loro sezione».

Continua Spallino, con quanto scritto da Saja su “la Repubblica”: «Matteotti doveva parlare davanti alla Cattedrale di Palermo – raccontava Andrea Maggio prima della morte -. Io e Luigi Battaglia convincemmo l’oratore a venire a tenere un comizio a Cefalù. Siamo rientrati con il treno della sera Matteotti e l’avvocato Nicotra, candidato nella lista socialista. Ma i fascisti di Palermo avevano avvisato i camerati di Cefalù in modo che ostacolassero il comizio del nostro leader. Ci fermammo a cenare al ristorante “Domina”. I fascisti radunatisi fuori cominciarono a sbraitare contro Matteotti dicendo che doveva andarsene. Io andai a parlamentare con loro pregandoli di consentire che tenesse democraticamente il suo comizio e che potesse parlare liberamente, ma loro continuarono a manifestare propositi bellicosi. Allora decidemmo fra di noi di sospendere il comizio per evitare tafferugli. I fascisti continuarono a protestare sparando in aria. Arrivarono i Carabinieri che consigliarono a Matteotti di uscire dalla porta secondaria. Questi rispose immediatamente: “Io non esco dalle porte secondarie, entro ed esco dalle porte principali!”. Poi ci incamminammo verso la stazione seguiti dai fascisti facinorosi. Vicino al “Calvario” il camerata Giuseppe Miceli si avvicinò a Matteotti e gli strappò il cappello portandolo subito al Misuraca, che era il capo degli squadristi. Togliere il cappello all’avversario era considerato un grande affronto».

Continua Spallino: «Quando venne ucciso Giacomo Matteotti, L’Idea non si era limitata a mostrare tutto il suo sdegno per l’azione liberticida del fascismo, ma ebbe il coraggio di pubblicare l’elenco dei sottoscrittori per il monumento al leader socialista a Roma. L’iniziativa venne presa dopo che le autorità locali, alcuni giorni dopo il rapimento, avevano proibito una manifestazione degli antifascisti».

Annota infine Spallino che dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale la strada che attraversa Cefalù fu intestata a Giacomo Matteotti in ricordo dell’aggressione subita e il cappello fu in seguito esposto in una mostra di cimeli antifascisti a Roma, nel Palazzo dell’Esposizione di via Nazionale.

Spero di avere soddisfatto la curiosità di quanti mi hanno chiesto ulteriori notizie sull’accaduto.

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