“Sant’Anna a stasira”| La pronunzia del toponimo S. ANASTASIA
Riceviamo e pubblichiamo di seguito l’interessante contributo del dott. Salvino Leone il quale documenta la storia della pronuncia del noto toponimo “S. Anastasia“
(Di Salvino Leone) – Ha suscitato notevole interesse un mio breve cenno, nel corso di un recente incontro, circa l’esatta pronunzia del noto toponimo S. Anastasia, sede dell’antica abbazia e oggi di un’importante azienda vinicola nonchè di un rinomato resort.
Data l’inaspettata attenzione sollevatasi torno in modo più approfondito sull’argomento che può sembrare marginale ma che cerca, anche nel dire comune, di tornare alle nostre radici.
La fondazione dell’abbazia risale al 1100, anno in cui il conte Ruggero d’Altavilla, dopo aver sconfitto i saraceni, si diede a un vero e proprio rinnovamento religioso dei suoi possedimenti nei quali la fede cristiana si era assopita a seguito della dominazione musulmana. Tra le varie abbazie sorte in Sicilia, questa fu probabilmente la più antica, dipendente direttamente da quella della SS. Trinità in Mileto (Calabria) città nella quale il conte Ruggero aveva preso dimora.
É verosimile che l’abbazia sia stata dedicata alla santa, martire cristiana del I secolo, molto venerata in Oriente per l’originaria presenza dei monaci basiliani[1] e degli elementi di culto bizantino che portavano con sé. La santa, nata a Roma da una famiglia patrizia, fu battezzata e istruita nella fede cristiana. Scoperta dall’imperatore Diocleziano e non volendo abiurare fu martirizzata il 25 dicembre 304. Il suo culto si diffuse subito in tutto l’Oriente e i suoi resti furono trasferiti a Costantinopoli nella basilica della Resurrezione (Anástasis in greco). La devozione alla santa venne diffusa in modo particolare dai monaci basiliani e questo spiega l’attribuzione onomastica.
Anche se, nel dire comune, oggi si è soliti chiamare la contrada, l’ex abbazia, l’azienda vinicola e il resort S. Anastàsia, la pronunzia originaria e corretta sarebbe in realtà S. Anastasìa. Lo sapevano bene i nostri anziani che, fino a non molto tempo fa, avevano mantenuto questa pronunzia originaria (io l’ho udita così dalla voce di mia nonna) anche se ora anch’essi si sono adeguati al più moderno e scorretto S. Anastàsia. Una testimonianza indiretta di tale uso la si ritrova nei ricordi di molti che, da bambini, erano soliti chiamarla, un po’ per gioco un po’ per deformazione uditiva, “Sant’Anna a stasira”. La deformazione, per assonanza, sarebbe stata impossibile con l’accentazione sulla “a” piuttosto che sulla “i”.
Ma andiamo ai dati più specificamente filologici. Le osservazioni che seguono sono desunte dal fondamentale Lessico Greco della Sicilia e dell’Italia meridionale di G. Caracausi (1990) che riporta la voce lessicale (lo traslittero in caratteri latini) Anastasìa attestandola con tre citazioni. La prima tratta da un testo che riporta i beni posseduti da una chiesa metropolita nel 1050 (A. Guillou, Le Brébion de la Métropole byzantine de Règion vers 1050, Città del Vaticano 1972) che cita moné he Agìa Anastasìa (“il monastero di Santa Anastasìa”); la seconda in cui parla solo di santa Anastasia e la terza, tratta da S. Cusa, I diplomi greci ed arabi di Sicilia, I (1868-1882) che riporta: ton péramon tes agìas Anastasia (“la fine di Santa Anastasia”). Analoga grafia troviamo nel Dizionario toponomastico della Calabria (di G. Rohlfs, Ravenna 1974). Non dimentichiamo che proprio dall’abbazia di Mileto in Calabria, dipendeva quella fondata in Sicilia.
Alla luce di queste considerazioni storico-filologiche ma anche del substrato culturale e dialettale castelbuonese sarebbe opportuno non perdere la pronunzia originaria abbandonando la latinizzazione con l’accento piano (Anastàsia). Anche questo è un modo di custodire le nostre memorie.
[1] Rivivrà l’abazia di S. Anastasia? “Le Madonie” 15 dicembre 1969.