Usa – Israele: l’asse inossidabile | Di Francesco Di Garbo
In breve
La guerra Hamas/Israele continua grazie al sostegno che gli Usa danno agli israeliani. Non è solo una questione di lobby ebraica che pressa i governi americani. Tra queste due nazioni vi è una identica e affine identità di vedute e modi di pensare; un uguale modo di concepire l’identità nazionale e la stessa visione del mondo.
Hanno una forte consonanza religiosa, sociale e politica informata sull’ideologia capitalista. Entrambi gli Stati si considerano il popolo eletto per eccellenza, investito da un missione divina di dominare il mondo. Entrambi hanno fatto l’esodo per liberarsi dalla schiavitù, hanno conquistato la selvaggia terra promessa edificandola con strenuo lavoro e la forza delle armi. Entrambi hanno avuto un parto travagliato e si reggono sulla potenza del denaro. Questa potenza ricatta gli altri popoli sulla terra, ed è imbastita sull’ideologia fascista, intollerante e persecutoria. Si tratta del pensiero unico del: “o fai come dico io o ti faccio morire di fame”.
Fa senso vedere chi si reputa di sinistra essere acquiescente a tale ideologia mettendo in mostra un certo buonismo d’accatto salvo poi stare dentro il sistema di potere del pensiero unico , asse Usa/Israeliano, ideologia capitalista facendo il cerchiobottista.
In lungo
Seguo quasi puntualmente le manifestazioni in sostegno della Palestina; col freddo, con la pioggia, col vento o con l’afa vado. Sono andato pure a trovare i giovani palestinesi di Milano che occupavano l’Università Statale accampati nel cortile o nell’androne. Stanno lottando contro gli accordi tra la Statale e la Reichman di Tel Aviv, Università che assiste e supporta l’esercito israeliano. Un partenariato disgraziatamente disdicevole in quanto complice del genocidio. Nondimeno, non da ora ma fin dagli anni ottanta, ho cercato di approfondire le cause e gli effetti della situazione colà creatasi a partire dal 1948.
Mi sono reso conto che sulla guerra v’è un elemento di cui non si parla, o si parla poco e non nei media di grande impatto, quindi risulta misconosciuto ai più dell’opinione pubblica. Tutti sanno dell’asse d’acciaio tra Usa e Israele, dell’aiuto e sostegno ad ogni livello che gli Usa elargiscono agli israeliani, ma nessuno verifica o risale alle cause originarie da cui deriva e si cementa questo feeling. I più riducono il fatto alle forti pressioni economiche e politiche della forte lobby israeliana che vi è in America.
Non è solo questione di lobbismo! Allora perché quest’asse?
È evidente a tutti che senza l’aiuto degli USA Israele non potrebbe sostenere questa guerra per così lungo tempo. Vi è un aiuto militare in armamenti, munizioni e tecnologia, e vi è un aiuto politico che ha visto mettere parecchi veti Usa nelle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per salvare Israele dalle condanne di genocidio e altro proposte da tanti altri Stati membri.
Non è solo questione di mera abrupta geopolitica!
Nemmeno solo per il motivo che Israele è considerata la democrazia per eccellenza in una regione ad alta intensità di autocrazie o “democrature” (democrazie-dittature) e dunque uno Stato avamposto di fede Atlantica tra i regimi islamici.
Ma da cosa deriva questo inossidabile asse?
Sulla guerra è passata, sopra le nostre teste, la narrazione che la causa scatenante sia stata dovuta all’attacco di Hamas del 07-10-23. Le immagini e lo storytelling mediatico che hanno fatto il giro del mondo hanno inculcato nell’opinione pubblica tale narrazione. Nessuno, tranne poche eccezioni, molto minoritarie e censurate dall’informazione embedded, ha cercato di capire se il 7 ottobre sia stata la causa oppure di converso l’effetto. In pratica si è cercato in tutti i modi d’oscurare che il 7 ottobre altro non è stato se non l’effetto dei numerosi raid israeliani sulla striscia e dei numerosi insediamenti coloniali in Cisgiordania. Tutto ciò sommato ai disattesi impegni da parte israeliana degli accordi di Oslo, delle varie Road Map stipulate, hanno creato odio e rancore tra i palestinesi. Di fatto sono gli israeliani a voler cacciare i palestinesi dalla Palestina: se cessassero le cause cesserebbero gli effetti.
Invece la narrazione embedded ha polarizzato l’informazione tra fandom opposti: c’è chi giustifica Israele riconducendo e riducendo il tutto all’attacco del 7 ottobre e c’è chi si commuove di fronte a cotanta tracotanza e alle stragi di bambini e civili. La polarizzazione è una tecnica volta confondere le acque e fare di tutta l’erba un fascio, cosicché tutti hanno ragione e tutti hanno torto: cioè nessuno ha torto e tutti hanno ragione. Una sofisticata realtà dove verità e falsità vengono messe sulle stesso piano e si ribaltano a vicenda come la frittata.
Ma di quale idilliaca corrispondenza d’amorosi sensi si tratta?
Bisogna comprendere quali sono le originarie affinità elettive tra USA e Israele. Quali le consonanze mentali, filosofiche e religiose che li accomunano per la vita e per la morte. Per capirlo bisogna andare a ricercare le origini della formazione degli USA.
Il modus operandi e forma mentis degli Stati Uniti vanno trovati nella mentalità Puritana. Il puritanesimo è una religione protestante che si ispira alle idee di Calvino sull’interpretazione delle Sacre Scritture. Sulle idee Puritane si informa e si nutre la colonizzazione dell’America; ancora oggi queste idee sono il fulcro della mentalità statunitense. Questa mentalità è affine in toto all’ebraismo. Infatti entrambe le fedi pensano e reputano di essere le uniche depositarie della verità dei sacri testi.
I Padri Pellegrini partiti da Plymouth concepirono l’estenuante traversata dell’oceano come un vero e proprio Esodo biblico. Concepirono il Nuovo Mondo (New England) come la Terra Promessa (Nuova Sion) da conquistare alla Wilderness (terra selvaggia, ostile) e strapparla ai Nativi; quest’ultimi da addomesticare e convertire.
I puritani sono la nuova Gerusalemme, il nuovo popolo eletto. Sono, come dice la Piattaforma di Cambridge del 1648: “una compagnia di gente messa insieme dal Patto per il culto di Dio”. I primi nuclei di colonie furono delle vere e proprie Teocrazie. Di conseguenza entrambe sono delle religioni fondamentaliste, dogmatiche e intolleranti all’altrui visione del mondo sia in senso stretto quanto in senso lato. Queste similitudini con l’ebraismo dimostrano la stretta affinità elettiva, l’estrema consonanza d’intenti politici e sociali tra USA e Israele. I pastori Puritani alla stregua degli ebrei considerarono la traversata come una liberazione dalla schiavitù della Vecchia Inghilterra.
Ebbero gioco facile contro i Nativi indigeni e non trovarono ostacoli né nella vecchia religione costituita, né nell’aristocrazia resiliente contro cui nel Vecchio Mondo la borghesia nascente dovette lottare. In pratica ebbero campo e mano libera a organizzare le comunità in base ai presupposti religiosi e sociali del puritanesimo. In cosa consiste tale ideologia di cui stiamo parlando?
Dal calvinismo i Puritani attinsero la concezione individualista dell’uomo sotto le due forme, a) utilitaristico, b) espressivo. Il Self Made Man e il comportamento interiore ed esteriore, (come ti vedi tu e come ti vedono gli altri). Questa è l’American way, o meglio l’American Puritan way. Bisogna realizzarsi (per il proprio bene) mettendo in pratica tutto ciò che è utile per raggiungere una posizione, altrimenti sei un fallito (gli altri ti vedono e giudicano così). Questa forma mentis è tradotta nella gestione del potere da una élite di persone che rientrano nel cerchio magico WASP (Withe AngloSaxon Protestant). Su questi temi si basa l’ideologia del capitalismo che è l’altro pilastro del potere su cui si fonda l’asse di ferro Usa/Israele.
Il sionismo è un fascismo mascherato, infarcito di fondamentalismo e dogmatismo religioso, sennonché sul nazionalismo chauvinista del Popolo Eletto; il migliore, il più perfetto a questo mondo. Esso è prediletto da Dio e ne ha l’investitura per compiere la missione di redimere tutti gli altri popoli a loro immagine e somiglianza, con le buone o con le cattive. Per cui non si può essere antisionisti se non si è nel contempo anticapitalisti. È contraddittorio essere contro Israele e l’efferato genocidio che sta commettendo se non si è pure anticapitalisti.
Nel giro di meno un secolo, dal 1945, siamo passati da un mondo bipolare (capitalismo/socialismo) al mondo unipolare del pensiero unico ricattatorio (o così o pomì, se non ti adegui ti affamiamo). Ora un mondo multipolare emerge con nuovi attori che si affacciano sulla scena internazionale aldilà del blocco Atlantico: Asia (India e Cina), America Latina, Africa e Russia. L’asse Usa/Israele, con l’Europa succube che gli tiene il moccolo, non è più solo; il pensiero unico è al tramonto e le guerre sono il suo colpo di coda.
D’altronde sarebbe augurabile un’economia di mercato senza pensiero unico, una coesione pacifica tra tutti gli Stati e non una competizione sfrenata che genera conflitti e guerre. I neoliberisti di sinistra, (tra di noi ci sono tante anime belle che si pavoneggiano pro Palestina solo per l’immagine mentre nei fatti restano incoerenti con le mani in tasca), se ne facciano una ragione. Non si può essere contro la guerra e nel contempo avallare il modello sociale ed economico americano con la sua falsa democrazia di facciata mascherata dalla deflazionata libertà: “enduring freedom”. Ricordiamolo! È contraddittorio essere contro la guerra e il genocidio su Facebook e non far sventolare la bandiera palestinese dal balcone. È come stare con un piede su due staffe, fare il cerchiobottista, il terzista; cioè voler accontentare tutti e scontentare chiunque. Questa si chiama ambiguità politica che non porta da nessuna parte, incoerenza civile e mentale che lascia basiti gli elettori; cioè fare bella figura con tutti alla spasmodica ricerca di consenso elettorale. Un fine che non giustifica i mezzi.
P.S. Non sono né antiamericano né antisemita. Sono contro il fascismo dell’ideologia capitalista mascherato dalla pseudolibertà, la loro libertà quella dei ricchi e dei forti a discapito di tutti gli altri.