Ypsigrock: le tappe di un successo
Ypsigrock porta la grande musica indie internazionale
L’Ypsigrock è stato promosso nel 1997 dai ragazzi dell’associazione culturale Glenn Gould di Castelbuono: il nome del festival è un omaggio all’antico toponimo con cui la cittadina era nota già in età bizantina, Ypsigro appunto. L’idea che muove Mario, Gianfranco, Vincenzo e gli altri è tanto semplice quanto apparentemente utopica, in un contesto così piccolo, nel cuore della provincia italiana, e in Sicilia: portare sotto il castello dei Ventimiglia il meglio della musica indipendente del momento.
Si parte così, il 4 e 5 agosto 1997, con i proverbiali quattro gatti ad applaudire i La Crus di Mauro Ermanno Giovanardi. Ma il primo colpaccio arriva già l’anno successivo con gli Afterhours e viene bissato, due anni dopo, con i Marlene Kuntz: sono i gruppi cardine del rock alternativo italiano di fine anni Novanta (non era ancora il tempo dell’inflazionamento, terminologico e musicale, dell’indie).
Dal 2001 Ypsig ospita anche artisti internazionali: i primi sono i newyorkesi e arty Blonde Redhead dei gemelli Pace (di origini italiane) e della bella Kazu Makino, freschi dell’acclamato Melody of Certain Damaged Lemons. Dai Blonde in avanti sarà una girandola di nomi più o meno hot della scena internazionale, prima genericamente rock (con le debite aperture al folk, al punk eccetera), poi anche elettronica, giocando spesso in anticipo sui trend e sugli exploit mediatici di generi e artisti.
Andiamo secondo una mera elencazione: El Guapo, David Thomas (prima come solista, assieme ai Two Pale Boys, poi con i ringagliarditissimi Pere Ubu, Motorpsycho, Bonnie Prince Billy, Ulan Bator, Patrick Wolf, Rother & Moebius (figure chiave della scena Kraut tra Kraftwerk, Neu! e Cluster), Jon Spencer, Joe Lally (Fugazi), Mouse on Mars, Architecture In Helsinki, Art Brut, dEUS, Apparat, Rakes, Kula Shaker, Jon Hopkins. Tra gli italiani: Virginiana Miller, Cesare Basile, Zu, Yuppie Flu, Non voglio che Clara.
Chi conosce anche solo un minimo la situazione della musica – e dei festival in particolare – in Sicilia capisce bene come Ypsig sia diventato da subito un punto di riferimento prezioso, un’oasi in una terra desertica, da sempre strutturalmente povera di manifestazioni di questo tipo: e cioè non estemporanee e di portata nazionale.
Chi scrive segue il festival dal 2003 (potete leggere i nostri report delle edizioni 2009 e 2011 per il magazine online Sentireascoltare: qui http://goo.gl/bI9A0 e qui http://goo.gl/GA01Q). Negli anni di cose ne sono cambiate. E per sopravvivere Ypsig si è dovuto adeguare ai tempi: ma tutte le scelte fatte negli ultimi anni – dall’aumento del prezzo dei biglietti (inizialmente, anzi, la manifestazione era gratuita), all’apertura alla musica elettronica e ai dj set, all’inserimento di artisti non più necessariamente première assolute per la Sicilia – sono state premiate.
Tanto sotto il profilo artistico, quanto a livello mediatico, e nonostante tutte le crisi possibili (economica, del mercato discografico, del settore festivaliero in Italia), Ypsig è cresciuto: nomi sempre più importanti in cartellone, le prime recensioni sui giornali di riferimento (Blow Up, Mucchio), menzioni su Pitchfork (la bibbia online dell’universo indie), media partership grosse e di prestigio (Rolling Stone, RadioRai).
Tra tanti cambiamenti, restano delle costanti il concorso per artisti emergenti (senza contratto discografico) “Avanti il prossimo” e la costola cinematografica, dedicata ai cortometraggi musicali o comunque musicofili, “RetroSys” (nata nel 2005).
Nel 2010, coerentemente con un mondo – non solo musicale – sempre più affetto da una vera e propria retromania, ecco arrivare – letteralmente – i dinosauri: sono stati infatti “grandi vecchi” del rock come Dinosaur Jr. e Gang of Four i nomi di punta della rassegna, affiancati da “nuove leve” come These New Puritans e Caribou.
L’edizione 2011 ha ripetuto con successo questo abbinamento old&new: con i Pere Ubu a trionfare, con il loro classico assoluto The Modern Dance (1978, uno dei dischi cardine di tutto il post-punk), e con le ottime prove di Junion Boys (con il loro impeccabile electro-pop) e Mogwai (con i loro assalti di post-rock emozionale). Bene anche Twin Shadow, col suo modernariato pop Ottanta, e Mount Kimbie, con la loro coolissima nowness post-dubstep. Un po’ incolori il grunge dei comunque bravi Yuck (inglesi, ma americanissimi) e la messinscena goth più fumo che arrosto di Esben & the Witch. Disappointment totale, invece, e a sorpresa anche piuttosto generalizzato, per le lunghe nenie dell’attesissima anti-star del folk Josh T. Pearson.
Nel 2011 viene anche inaugurata una sessione pomeridiana di set (tutti all’italiana: Marlowe, Camera 237, Colapesce) sparsi per le vie e le piazzette del paese, incarnazione di un’idea di festival diffuso e a dimensione d’uomo, sorta di aperitivo ai concerti serali e di controcampo/controcanto agli scatenati dj set notturni del campeggio di San Fucà, curati da Partyzan/ShirtVs.T-Shirt (ovvero Fabio Nirta e sodali).
Ovviamente non è tutto rose e fiori (non tutti gli abitanti del paesino apprezzano la manifestazione e l’invasione che di fatto comporta; ci sono poi due questioni sempre molto delicate come il controllo dei volumi nella pietrosissima Piazza Castello e la gestione dell’affollatissimo camping), ma il modello Ypsig (leggi buona musica internazionale + location accogliente e suggestiva fuori dai soliti grandi circuiti + valorizzazione delle risorse locali) ha avuto successo, e tanto da fare scuola: si veda il caso di A Night Like This, il neonato festival indie che si è ottimamente tenuto a battesimo a Chiaverano, alle porte di Ivrea, il 21 luglio scorso, fortemente supportato dallo staff siciliano.